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Ottobre 2017, Anno IX, n. 10

Marcela Serrano

Scrivere, lottare, amare. Tra il Cile e Roma

L’indifferenza, anch’essa un fenomeno globale, cresce tra la gioventù, e il fenomeno dell’astensionismo alle elezioni è sempre maggiore.”

Telos: Una donna che ha scelto di raccontare le donne, a tutti: “Io sono femminista. Ma non ho mai pensato di fare letteratura solo per donne”. Cosa significa essere femminista oggi e per quali cause bisogna ancora combattere, in una società che si dice paritaria?

Marcela Serrano: Non ho scelto nulla. Desidero solo raccontare storie e le uniche che mi sono venute in mente sono quelle che hanno come protagoniste le donne, erano storie che avevo a portata di mano, che conoscevo bene. Solo dopo mi sono resa conto che la scelta non era casuale, che ero stanca di leggere solo di uomini da tutta una vita.  Però non penso che la letteratura abbia un genere.  C’è sempre stato ‘il canone’ e mai si è parlato di genere, nessuno si sognerebbe di dire che i classici erano uomini, ERANO, punto e basta. È stato sufficiente però che arrivassimo noi donne per essere subito qualificate come un sotto-genere. Perché questo è quello che accade se ci si inventa la categoria ‘letteratura al femminile’.  Essere femminista oggi è più importante che mai, a causa delle ambiguità concettuali che il maschilismo può fare scivolare in un discorso. Abbiamo fatto tanti passi avanti, e qualcuno può cominciare a credere che siamo già arrivate alla meta. E invece no! Ce ne vuole, eccome se ce ne vuole. Continueremo, naturalmente, a promuovere delle leggi per l’eguaglianza, e scenderemo in piazza ogni volta che sarà necessario. Eppure credo che la ‘vita privata’ debba essere il nostro obiettivo di oggi. Se non siamo uguali in quella, il resto non serve a niente. L’educazione dei figli, la cura degli anziani. La violenza. La cucina. Il bucato… continuo? Non avremo vinto fino a quando questi compiti non saranno sia maschili che femminili.

Non ha mai fatto politica attiva ma è sempre stata un’osservatrice attenta del Suo Paese, il Cile, e di tutta l’area sudamericana. Qual è la situazione politica del Sud America dal punto di vista politico e quali, secondo Lei, i possibili scenari futuri?

Sono tempi tristi per il mio continente. Tra corruzione e violenza stiamo andando verso un lento e sicuro degrado.  Fino a 10 anni fa eravamo orgogliosi dei nostri governi, sembrava che avessimo intrapreso la strada verso la fratellanza e l’uguaglianza. Invece la corruzione uccide tutto. E la destra conservatrice e neoliberale non aiuta. Prende il potere e poco a poco conquista un paese dopo l'altro, avvicinandoli a forme di capitalismo selvaggio e cercando di ridurre il più possibile il ruolo dello Stato.  Che i poveri si arrangino, questi governi pensano ai ricchi. Inoltre poiché l’America Latina non è isolata, anche noi soffriamo del fatto che la politica (come accade in tutto il resto del mondo) sta dismettendo le vesti di servizio pubblico per trasformarsi in un qualcosa di mediocre e compromesso. O essere testimoni di fanatismi irrazionali, come nel caso del Venezuela. L’indifferenza, anch’essa un fenomeno globale, cresce tra la gioventù, e il fenomeno dell’astensionismo alle elezioni è sempre maggiore. Avere Trump che aleggia sulle nostre teste non ci aiuta affatto. Dopo le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, tutto è possibile. Mi sembra che i ‘buoni’ si tirano indietro perché stanchi di come la politica si sia trasformata, e così hanno lasciato lo spazio ai calcolatori e agli opportunisti. A volte mi domando… cosa sarebbe accaduto all’Europa se la droga si fosse prodotta lì?  La mia speranza sono le nuove generazioni che almeno in Cile esistono, si organizzano, godono di buona salute. Mi addolorano tutti i posti dove invece non ci sono e dove non c’è nemmeno questa consolazione.

C’è una donna tra i leader della politica internazionale che potrebbe essere fonte di ispirazione per un Suo libro?

No, nessuna mi ispira. Ce ne sono pochissime e nessuna mi sembra abbastanza drammatica, triste o eroica.

In passato ha trascorso qualche anno a Roma. Quali sono stati gli aspetti positivi e negativi della vita in Italia?

Sono tornata da poco da Roma. Ho affittato un appartamento in Piazza Farnese per due settimane e sono stata molto felice! Passeggiare, gironzolare per comprare il formaggio in bottega o la frutta al mercato di Campo dei Fiori. Ho ricordi bellissimi della città e del vostro Paese. Ogni volta che ci torno faccio un pellegrinaggio nei luoghi che mi hanno ospitata tanti anni addietro. Una volta mentre guardavo da fuori un palazzo dove avevo vissuto si è aperto il portone, e provai ad entrare. Arrivai al portoncino di ingresso del mio vecchio appartamento, all’ultimo piano. Non ebbi il coraggio di suonare al campanello, cosa avrei potuto dire agli attuali inquilini? Si trovava al Gianicolo. Spesso ho dichiarato: se stai vivendo la tragedia dell’esiliato, perché l’esilio è una tragedia, il miglior posto al mondo dove vivere è l’Italia. La solidarietà che il popolo italiano ha dimostrato al popolo cileno dopo il colpo di stato è stata ammirevole, in tanti sono stati generosi! Non ringrazieremo mai abbastanza. L’Italia è un paese capace di trasmettere calore. E noi ne avevamo bisogno. Mi rammento di tante cose, come le amiche che mi vestivano, perché la mia povertà le addolorava, i dottori che mi curavano senza farsi pagare, perché non avevo la mutua, tutti quelli che ci hanno trovato del lavoro, che ci invitavano a cene luculliane, veri e propri banchetti, perché sospettavano che la nostra alimentazione fosse un po’ scarsa, e tutti quelli che ci hanno aiutato con la lingua… e tanto altro. Una parte di me rimarrà romana per sempre.

Marco Sonsini

Editoriale

Tentar non nuoce’. L’intervista a Marcela Serrano, un mito della letteratura sudamericana, è l’ennesima prova del fatto che dei proverbi ci si può fidare. Solito metodo: e-mail di richiesta, raccontando chi siamo e cosa facciamo, e poi… si resta in attesa di una risposta. Alcuni nemmeno ci filano, altri vogliono sapere di più, altri ancora ci dicono di no. La risposta della Serrano è stata quella semplice e diretta che solo i grandi sanno dare: un semplice sì. E le siamo molto grati. Un’intervista che tocca punti importanti: la scrittura al femminile (che boiata!); il femminismo (molto si è fatto ma non abbassiamo la guardia), l’allontanamento dalla politica (mal comune), l’amore infinito per l’Italia e per Roma (che gioia!). Quando scrive, la Serrano, non ha uno scopo, un’intenzione premeditata. Il suo unico obiettivo è la scrittura, se poi i suoi lettori riescono ad identificarsi nelle storie che lei racconta, che nascono dalla sua immaginazione, beh, è un successo e ne è contenta. In fondo, ci sembra di capire che la Serrano sia convinta che gli uomini non siano, anche nel quotidiano, interessati a quanto realmente accade alle donne. Ed è proprio il quotidiano l’ultima frontiera del femminismo. Un femminismo felice quello della Serrano, solidamente basato su di una ideologia autentica, ma che non perde di vista la realtà. Quando l’uomo e la donna saranno intercambiabili nella ‘educazione dei figli, la cura degli anziani. La violenza. La cucina. Il bucato… continuo?’, ci dice, la lotta potrà dirsi conclusa. Molto invece c’è da fare per recuperare le persone all’impegno politico o anche solo per riportarle alle urne. La descrizione che la scrittrice cilena ci fa della crisi del rapporto tra la gente e le Istituzioni, al netto delle connotazioni politiche, è sovrapponibile con quello che sta accadendo in Italia. Ci avviciniamo alle elezioni politiche e il partito degli astenuti è una maggioranza silenziosa. Soprattutto tra i giovani, che si allontanano sempre più dalla politica. Sono sempre di meno i ragazzi che partecipano e prendono parte alle iniziative proposte dai movimenti politici, o che seguono attivamente un partito o hanno le idee chiare sulle dinamiche legate a chi ci governa. Questo distacco dei giovani cileni dalla politica -anche se la Serrano ci dice che ci sono segnali di risveglio- è particolarmente preoccupante. C’è stato un tempo della storia della nostra Repubblica nel quale ci siamo quasi specchiati nel Cile. Il compromesso storico di Enrico Berlinguer nacque anche da una riflessione sui fatti del Cile. E dal golpe in poi tra i due Paesi si è creato un legame che dura tutt’ora, grazie al ruolo giocato sia dai partiti italiani che dalle nostre istituzioni democratiche nella salvezza fisica e nell’accoglienza di centinaia di esuli dalla dittatura. Ma anche il ruolo giocato dalle persone. Commoventi sono i ricordi che la Serrano condivide con noi, che si chiudono con queste parole ‘Una parte di me rimarrà romana per sempre’. Ancora oggi, attraverso le sue parole di lotta e di analisi, passione e speranza politica, da quanto accade in Cile possiamo trarre, se non lezioni, riflessioni utili.
Rimane però un’ultima annotazione sull’intervista: scopriamo che nessuna, dico nessuna donna politica contemporanea, e in nessuna parte del mondo, riesce ad ispirarla nella scrittura. Tutte un po’ banali e poco eroiche. Diamoci una mossa!

Mariella Palazzolo

Marcela Serrano

Marcela Serrano è una scrittrice cilena, tra le voci più importanti della narrativa sudamericana. È figlia della romanziera Elisa Pérez Walker e del saggista Horacio Serrano, ed è la quarta di cinque sorelle, con due delle quali trascorre un anno a Parigi per studiare alla "Maison des Amériques". Si interessa attivamente di politica sin dal periodo universitario, aderisce ad alcuni movimenti di sinistra, suscitando un po’ di scandalo nel suo mondo conservatore.

  • 1973: golpe militare in Cile. Marcela si trasferisce a Roma dove trascorre 4 anni in esilio.

Ha vissuto un po’ ovunque: Parigi, Roma, sei anni in Messico, ed altri sei in Argentina, da moglie dell’Ambasciatore cileno.

  • 1991: viene pubblicato il suo primo romanzo ‘Noi che ci vogliamo così bene’.

Mentre l’ultimo, Il Giardino di Amelia, pubblicato nel 2016, è il suo decimo. Ha anche scritto racconti e storie per bambini.
Il posto più importante della sua vita è stata una grande fattoria (hacienda) nel sud del Cile, dove ha imparato a leggere, scrivere, disegnare e ad amare il silenzio. Insieme ai suoi due cavalli e i tanti cani e gatti. Tutto finì qunado la ‘Riforma Agraria’ del governo Allende, sottrasse la terra alla sua famiglia. Marcela aveva 21 anni.
Negli ultimi due anni, la Serrano è stata conquistata nuovamente dalle forme e dalle immagini, proprio quelle che l’avevano portata ai primi studi in Belle Arti. Ha quindi iniziato a realizzare collage, esibendoli lo scorso luglio in Cile, nella sua prima mostra ‘Cuentos’.

Marcela ha due figlie e un nipote.

Marco Sonsini