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Luglio 2016, Anno VIII, n. 7

Dario Piombino-Mascali

Lo Smithsonian ci fa un baffo

“Ho fatto delle mummie umane il fulcro della mia ricerca, e credo che le storie raccontate da questi antichi corpi mi abbiano ricompensato di ogni sforzo. Studiarle è un modo di gettare luce su quello che la storia ha taciuto.”

Telos: Paleoantropologo. Da dove nasce il suo interesse per quelli che lei ha definito Corpi che hanno storie da raccontare?

Dario Piombino-Mascali: Quando ero alle scuole elementari sentii parlare della mummia della Beata Eustochia, una santa messinese canonizzata di lì a poco da Giovanni Paolo II proprio nella città dello Stretto. Chiesi a mio padre di portarmi a vederla e non ebbi una sensazione di paura. Fu il primo contatto con questi resti così importanti, che contengono tantissime informazioni storiche e biologiche e che possono essere studiati e conservati per le generazioni future. Tuttavia, il mio interesse crebbe durante gli anni universitari a Pisa, quando durante il corso di antropologia, appresi che ci si poteva occupare di questi reperti particolarissimi per professione, allo stesso modo di come si fa per i reperti archeologici o per le opere d’arte. Pensai subito che le mummie della Sicilia, mai investigate prima, potevano rappresentare un originale filone di ricerca, e oggi posso dire di non essermi sbagliato. Il cursus honorum che avrei presto intrapreso (dottore, assistente, dottore di ricerca, ricercatore, docente) ha fatto delle mummie umane il suo fulcro, e credo che le storie raccontate da questi antichi corpi mi abbiano ricompensato di ogni sforzo. Ma parlando dell’inizio di questa avventura non posso dimenticare di menzionare il mio mentore e maestro, il patologo americano Arthur Aufderheide, il padre della moderna mummiologia che quasi novantenne mi accompagnò in Sicilia con il solo scopo di sostenermi e di lanciare il progetto scientifico che ancora oggi dirigo. Solo la sua generosità e il suo incoraggiamento mi hanno stimolato ad andare avanti e non fermarmi, neanche di fronte alle molte ostilità di coloro che non lasciano spazio ai giovani e vogliono monopolizzare questo campo di ricerca. Oggi, credo di dovere moltissimo a quello scienziato, e lo ricordo con affetto e con malinconia. Custodisco persino gli strumenti che portava durante le missioni scientifiche, una reliquia sacra per i mummiologi, che sto considerando di donare a un museo.

Quali sono le storie e i segreti più interessanti che ha ascoltato da questi amici silenziosi?

Ve ne sono sinceramente tantissime, ognuna con un diverso protagonista. Dalla mummia delle torbiere olandesi, a quelle di una cripta lituana, passando attraverso le celebri mummie di Ferentillo, gli organi interni della dinastia Medicea di Firenze, e persino una mummia egizia conservata ai Musei Vaticani. Ma forse queste, delle quali ora vi parlo, mi hanno più colpito dal punto di vista storico-medico o per le loro caratteristiche. Le mummie imbalsamate da Giovan Battista Rini a Salò, reperti dalla solidità lapidea chiamati pietrificazioni, che sottoposti ad analisi hanno rivelato la tecnica esecutiva di questo medico poco conosciuto, basata sull’iniezione e sull’immersione in sostanze conservative. O le mummie di Savoca, aristocratici, religiosi e borghesi che avevano condotto una vita agiata, riflessa nelle malattie da età avanzata e da civilizzazione riscontrate sui loro resti: la gotta e la DISH. O ancora le interessantissime mummie di Piraino, sacerdoti morti durante la senilità, uno dei quali, affetto da mieloma multiplo, era stato curato con una pianta medicinale poco conosciuta in Europa. Pianta che è risultata essere nota in Oriente e persino tra gli indiani d’America. E come dimenticare le sorprese avute durante lo studio di alcune mummie egizie? La prima della quale ci siamo occupati, conservata ai Musei Vaticani, doveva essere di sesso femminile ed è invece risultata inequivocabilmente di sesso maschile. Lo stesso si è verificato a Kaunas, dove la mummia che doveva appartenere a una non meglio identificata cantante del dio Amun, Shemait, è risultata appartenere a un soggetto maschile di basso rango sociale. Per non parlare di due mummie di bambini, una completamente vuota e l’altra contenente una mano di adulto. Insomma, un modo di gettare luce su quello che la storia ha taciuto.

Santa Lucia del Mela, nobile paese della provincia di Messina, è balzato agli onori della cronaca per una notizia straordinaria: qui avrà sede la prima scuola mummiologica del mondo. Lei ne è l’artefice. Di cosa si tratta?

Assieme ai miei colleghi americani abbiamo deciso di creare una scuola estiva per gli studenti di corsi di laurea di primo livello compatibili con questo tipo di ricerche, dalle scienze forensi, alla biologia e all’archeologia. Non solo quelli dell’Università del Nebraska, partner principale del progetto, ma anche quelli delle varie università d’oltreoceano ad essa consorziate. La scelta su Santa Lucia del Mela non è però casuale. Si tratta di una cittadina dalle nobili origini e caratterizzata da un patrimonio storico-artistico ingente, un luogo spettacolare che non si può non amare. Proprio a Santa Lucia vi è una piccola cripta con decine di mummie collocata sotto la chiesa dei Cappuccini, e persino il corpo incorrotto di un beato importantissimo, Antonio Franco, il San Francesco siciliano che combatté l’usura già all’inizio del 1600, e che ho avuto l’onore e il privilegio di conservare qualche anno fa. Le materie che tratteremo variano dalla paleopatologia all’anatomia, dalla tafonomia all’archeologia funeraria, e poi parassitologia e palinologia, nonché conservazione e musealizzazione delle mummie. Si tratta di un’occasione per studiare tali discipline teoriche in maniera intensiva nel corso di due settimane, associata però alla visualizzazione dei reperti grazie a delle visite nei siti più rappresentativi, come Palermo e Piraino. Un’opportunità da non perdere per i nostri ragazzi, che probabilmente hanno visto solo mummie conservate nei musei. Tra l’altro, grazie a un cospicuo numero di borse di studio, gli studenti potranno evitare le esose spese di viaggio. Una logica completamente diversa da quella delle università italiane.

Dalle sue parole scopriamo quanto sia imponente il patrimonio mummiologico siciliano, tanto da rendere l’isola una tappa obbligata per gli studiosi. Una tradizione che affonda nella storia. Ce ne racconta l’origine e lo sviluppo?

Si tratta di un’origine abbastanza nebulosa, anche se oggi, dopo varie ricerche, è possibile associare la mummificazione ad arcaiche pratiche meridionali che vedevano nel decesso un lungo processo sancito culturalmente. L’anima doveva raggiungere l’aldilà e veniva rappresentata dal corpo che invece doveva purificarsi della sua componente più torbida. Fu questo in parole povere il motivo che determinò il sorgere dei colatoi, strutture architettoniche a forma di sedia o letto che servivano ad essiccare i corpi. Una pratica durata fino al 1880, quando le nuove norme igienico-sanitarie stipulate all’indomani dell’unificazione della nostra isola con l’Italia la proibirono. D’altronde, i numerosi affreschi, dipinti e persino le sculture delle anime purganti, associate proprio a quei luoghi della morte, sembrano confermare questa interpretazione. Ciò nonostante, alcune mummie vennero ancora prodotte, fino almeno agli anni ’30 del secolo scorso, attraverso l’iniezione di sostanze chimiche: la piccola Rosalia Lombardo e il viceconsole degli Stati Uniti, Giovanni Paterniti ce lo testimoniano.

Marco Sonsini

Editoriale

Se pensate che le mummie siano un diletto per appassionati attempati e canuti amanti dell’Egitto, e che non siano un argomento di interesse per la generazione dei nativi digitali o poco più, preparatevi a cambiare opinione. Allo stesso tempo, siate pronti a stravolgere l’idea che le mummie siano mute. Parlano, invece. E ci raccontano, nel dettaglio, le singole storie di uomini e donne vissuti nel passato remoto. Piccole storie nella grande storia. Le mummie parlano: ma occorre che ci sia qualcuno in grado di ascoltarle, capirle, interpretarle. Un paleoantropologo, ad esempio. Dario Piombino-Mascali, siciliano, docente, studioso di mummie non ancora quarantenne, ci guida attraverso uno straordinario percorso che parte dalla Sicilia, giunge in America - la patria di Arthur Aufderheide, padre della mummiologia moderna e suo primo mentore - e ritorna fin nel cuore della Sicilia. Lungo il cammino, che passa dalla Lituania, dalla Toscana, dall’Umbria, dall’Olanda, Piombino-Mascali disegna abilmente l’intreccio tra la propria passione e le vite degli altri. Nobili, religiosi, artigiani: le mummie sono in grado di svelarci chi erano le persone che custodiscono gelosamente. E allora, la consunzione degli arti ci rivela il rango sociale di un individuo, così come la comparsa di certe malattie senili testimonia una vita lunga e agiata. Sono “corpi che hanno storie da raccontare”, per dirla con Piombino-Mascali che ci narra anche la sua, di storia. Dominata da una passione di certo non comune: quella per la paleoantropologia. Un amore che lo ha spinto a capire, a studiare, a ricercare e a viaggiare in lungo e in largo. Fino a tornare al punto di partenza, con un incredibile bagaglio di conoscenze da mettere a disposizione di chi vuole ascoltare. Punto di partenza, dicevamo. Già, perché la Sicilia - eccola qui, un’altra rivelazione! - non è soltanto terra di mandorli in fiore e zagare. È anche terra di mummie. Piraino, Savoca, Palermo. Luoghi dove si è conservata testimonianza viva di una tecnica, quella della mummificazione, che gli antichi popoli del Sud Italia - portatori di una complessa ed affascinante cultura della morte - conoscevano molto bene. E allora quale luogo migliore di quest’isola intrisa di storia e cultura per dare vita alla prima scuola mummiologica al mondo? A Santa Lucia del Mela, nobile borgo con affaccio mozzafiato sulle isole Eolie, è conservato un immenso patrimonio per i paleoantropologi: qui prenderà forma la visione di Dario Piombino-Mascali. Avvicinare i giovani studenti italiani e stranieri, che frequenteranno la scuola, a un mistero ai più sconosciuto, ma incredibilmente affascinante. Perché lo abbiamo capito: se impari ad ascoltarle, le mummie raccontano. E sono più vive che mai.

Dario Piombino-Mascali

Dario Piombino-Mascali è un antropologo specializzato in mummiologia e paleopatologia. Si occupa di mummie di età medievale e moderna, come le deposizioni siciliane e i corpi santi. Dopo avere conseguito la maturità classica, compie i propri studi universitari a Pisa, dove si laurea nel 2002 con una tesi sulla filogenesi degli ominidi. Durante il periodo universitario è stato anche uno studente Erasmus, in quel di Leicester (Inghilterra). Piomino-Mascali ha poi perfezionato i propri studi nel 2007, quando ha conseguito il Dottorato di ricerca in Paleoantropologia e Patocenosi. Subito dopo si interessa allo studio delle mummie e, nel 2008, intraprende l’attività di divulgatore scientifico: ha collaborato con diverse testate ed emittenti televisive internazionali, come National Geographic, Fox, NatGeo, ZDF, Globo TV, Rai e Mediaset. Oggi insegna Storia della medicina e Paleoantropologia presso l’Università degli Studi di Messina, ed è ricercatore ospite all’Università di Vilnius, in Lituania. Inoltre, collabora con diversi istituti di ricerca in Vaticano, Gran Bretagna, Austria, Svizzera, Germania, Finlandia, Stati Uniti, Canada, Brasile, Corea e Filippine per lo studio scientifico dei resti umani. Ha creato, ed attualmente dirige, il Progetto Mummie Siciliane, un progetto di studio delle mummie isolane rinvenute in chiese e cripte nato per effettuare indagini storiche e biomediche relative alla conservazione dei corpi. Dal 2010 è curatore scientifico delle Catacombe dei Cappuccini a Palermo; tra i suoi compiti si prende cura della preservazione della mummia della piccola Rosalia Lombardo, soprannominata la bella addormentata per il suo aspetto ben curato di bambina dormiente; ha compiuto inoltre studi approfonditi sull’imbalsamatore Alfredo Salafia riuscendo a svelare la composizione chimica della “formula segreta” da lui utilizzata. Dario Piombino-Mascali tratta le vicende che uniscono Rosalia Lombardo al professor Salafia nel suo libro Il maestro del sonno eterno dato alle stampe nel 2009. La lista delle sue pubblicazioni è infinita, ma se ne possono trovare alcune qui.
Messinese, 39 anni, ama viaggiare, nuotare e fare jogging. Si diletta nel leggere libri di storia dell’arte e nel collezionare vecchie foto delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo. Ma, soprattutto, è un grande cuoco.

Marco Sonsini