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Giugno 2016, Anno VIII, n. 6

Domenico Giorgi

La fascinazione per il Belpaese

“Italia e Giappone presentano in effetti molte similitudini anche sul piano economico. Entrambi i Paesi vantano solide basi nell’industria manifatturiera, che genera circa il 20% del prodotto interno lordo con un grande numero di PMI. Siamo ancora, come si diceva, potenze industriali.”

Telos: Un secolo e mezzo di amicizia: Italia e Giappone festeggiano quest’anno l’anniversario del Trattato del 1866 che diede via alle relazioni diplomatiche fra i due Paesi. Potrebbe ripercorrere, a grandi tratti, la storia dell’amicizia tra il Giappone e l’Italia?

Domenico Giorgi: A pochi anni dall’apertura del Giappone, nel 1854, i primi rapporti con il nostro Paese furono avviati da produttori e mercanti di seta italiani. Giunsero in Giappone con l’obiettivo di procurarsi materia prima non intaccata dalla malattia della pebrina che aveva colpito gli allevamenti di bachi in Europa. In questo contesto, il 25 agosto 1866 fu firmato a Edo (oggi Tokyo) il Trattato di Amicizia e Commercio tra Italia e Giappone, dando ufficialmente inizio alle relazioni diplomatiche bilaterali. Da allora la collaborazione è cresciuta progressivamente estendendosi a vari ambiti.Qualche anno dopo giunsero in Giappone alcune decine di imprenditori di Torre del Greco, specializzati nel commercio del corallo e si stabilirono a Kobe e Nagasaki. I rapporti commerciali si allargarono via via ad altri settori. Sul finire dell’Ottocento due navi da guerra varate dai cantieri Ansaldo furono cedute al Governo giapponese che le impiegò con successo nella guerra contro la Russia, ben documentata anche dagli articoli dell’allora inviato del Corriere della Sera Luigi Barzini. Un ufficiale della nostra Marina meritò nell’occasione un’alta onorificenza giapponese.
All’interesse economico si affiancò sin dagli inizi quello culturale. La celebre missione Iwakura, che il Governo Meiji mandò a visitare i principali Paesi europei e arrivò in Italia nel 1873, rimase particolarmente colpita dalla ricchezza culturale del nostro Paese, percepito come culla della civiltà occidentale. Al ritorno della storica missione il Governo giapponese decise di affidare l’insegnamento delle discipline artistiche nella neonata Università di belle arti di Tokyo ad artisti italiani: Fontanesi per la pittura, Ragusa per la scultura e Cappelletti per l’architettura, e di chiamare l’incisore Chiossone a guidare la Zecca. D’altro canto, in Italia la moda del japonisme si andava sempre più affermando anche grazie a Gabriele D’Annunzio e Puccini.
Nel primo dopoguerra un’eccezionale impresa suscitò l’entusiasmo di italiani e giapponesi: la trasvolata Roma-Tokyo del 1920, realizzata da Guido Masiero e Arturo Ferrarin. Una stele commemorativa, collocata nel giardino dell’Ambasciata, ricorda quell’importante impresa. Ancor oggi tra l’altro le gesta dei piloti italiani sono celebrate dal noto regista giapponese Hayao Miyazaki nei suoi film.
Nel 1951, superato il trauma del conflitto, le relazioni bilaterali tornarono alla normalità e il legame di amicizia si rafforzò ulteriormente. La staffetta olimpica tra Roma (1960) e Tokyo (1964) contribuì a rinsaldare le relazioni tra i due popoli anche sul piano sportivo. Al rafforzamento dei rapporti economici tra i due Paesi contribuì la creazione nel 1989 dell’Italy-Japan Group presieduto da Umberto Agnelli, con il fine di incrementare l’interscambio commerciale.
Primo Capo di Stato Italiano a visitare il Giappone fu il Presidente Pertini che nel marzo 1982 si recò anche a Hiroshima e rivolse un discorso ai due rami del Parlamento riuniti in seduta congiunta. Da parte giapponese vi fu la visita dell’Imperatore Akihito e dell’Imperatrice Michiko nel 1993. E oggi il loro secondogenito, il Principe Akishino, vi è tornato dal 10 al 17 maggio con la consorte, Principessa Kiko, in occasione del 150mo anniversario delle relazioni diplomatiche bilaterali. Questa importante visita - durante la quale ha incontrato le massime autorità istituzionali - conferma la solidità dell’amicizia tra i due Paesi, che si consoliderà ulteriormente con il passaggio del testimone dall’attuale Presidenza giapponese del G7 a quella italiana il prossimo anno.

Importante anniversario = Grandi celebrazioni. Qual è il programma di attività in corso in Giappone?

Per le celebrazioni del 2016 sono state organizzate o sono in programma grandi mostre di arte italiana in Giappone, non solo a Tokyo: le retrospettive di Botticelli, Leonardo, Caravaggio e Morandi, le pitture parietali delle ville romane di Pompei, le opere dell’Accademia di Venezia, i gioielli dei Medici, solo per citare le principali. Sarà inoltre esposto al Museo Nazionale di Tokyo il ritratto, eseguito da Domenico Tintoretto, del primo giapponese giunto in Italia nel 1585, a capo di una missione organizzata dal gesuita Valignano. Il dipinto di Ito Mansho è stato recentemente riscoperto in una collezione privata italiana e sarà mostrato, per la prima volta, al pubblico giapponese, anche a Nagasaki e Miyazaki.
A marzo si sono svolti i concerti dell’Orchestra italo - giapponese del 150mo, diretta dal Maestro Riccardo Muti e, ad aprile i concerti dei Maestri Maurizio Pollini e Andrea Bocelli. In autunno tornerà a Tokyo il Corpo di Ballo della Scala e a Kamakura, nella cornice di uno storico tempio shintoista, verrà presentato il Japan Orfeo, che nasce dalla fusione della più antica opera al mondo - l’Orfeo di Monteverdi - e la tradizione del teatro giapponese. Il programma prevede importanti appuntamenti di natura promozionale e commerciale, anche aperti al pubblico, come la festa italiana nella centralissima Roppongi Hills, i numerosi eventi dedicati all’enogastronomia italiana e di valorizzazione dell’Italian life style con un focus specifico sul design.
Anche lo sport avrà un ruolo rilevante: i primi di ottobre si terrà la prima edizione della corsa ciclistica Fuji - Zoncolan e vi saranno iniziative che riguardano l’automobilismo, il calcio, l’ippica, con una gara dedicata al 150mo e l’assegnazione di premi speciali al prossimo torneo di sumo.
Infine ci sarà anche un’importante componente accademica e scientifica, con l’organizzazione di convegni in collaborazione con i maggiori atenei giapponesi e italiani e incontri e laboratori di cooperazione scientifica. Un programma molto ricco dunque, che si può consultare sul sito internet dedicato www.ItalyinJapan.com.

Giappone e Italia sembrano molto distanti tra loro ma forse sono più vicini di quanto possa sembrare: una popolazione che invecchia progressivamente, un’economia che ha difficoltà a ritrovare una crescita slanciata, un alto debito pubblico. C’è qualcosa nella politica economica giapponese che l’Italia potrebbe prendere ad esempio?

Italia e Giappone presentano in effetti molte similitudini anche sul piano economico. Entrambi i Paesi vantano solide basi nell’industria manifatturiera, che genera circa il 20% del prodotto interno lordo con un grande numero di PMI. Siamo ancora, come si diceva, potenze industriali.
Per quanto riguarda l’elevato debito pubblico e l’invecchiamento della popolazione si tratta di problemi comuni, anche se con significative differenze. La cooperazione e lo scambio di esperienze sono estremamente importanti. Su questi temi i nostri due Governi sono in sintonia, anche in ambito G7, nel promuovere politiche di sostegno alla crescita e nell’adozione di riforme strutturali. Negli ultimi anni riforme significative sono state realizzate sia in Giappone che in Italia e la condivisione di queste esperienze assume particolare rilevanza.
Le prospettive di crescita possono essere incrementate dall’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Giappone attualmente in fase di negoziazione. Una sua approvazione in tempi rapidi potrebbe favorire un incremento delle esportazioni europee in settori rilevanti per la nostra industria a cominciare dall’agroalimentare.
Fondamentali sono anche gli investimenti e le collaborazioni a livello di imprese. Vorrei solo citare alcuni esempi recenti: l’acquisizione da parte di Hitachi di Ansaldo Sts e AnsaldoBreda; il recente accordo tra Marubeni ed Enel Green Power e l’acquisto della Peroni da parte di Asahi. Sono casi che ben illustrano le possibili forme di complementarietà e di integrazione di competenze tecnologiche e di presenze sui mercati. Dopo il successo dell’EXPO a Milano, vi è un grande e convergente interesse allo sviluppo del settore agro-alimentare.

Ed ora una domanda più leggera, ma alla quale non può sottrarsi! Sono trascorsi più di tre anni dal Suo arrivo a Tokyo. Ci racconta un episodio curioso o un aneddoto divertente, utile a farci comprendere meglio le differenze e le similitudini tra la nostra cultura e quella giapponese?

Un aspetto della cultura giapponese che mi ha molto colpito fin dal mio arrivo a Tokyo è l’importanza attribuita alla ritualità. Infatti nella società giapponese, nonostante l’impatto della globalizzazione, permangono molti elementi della tradizione, soprattutto nei costumi e nelle abitudini della popolazione. A differenza di quanto avviene in Italia, i rapporti politici, sociali e familiari sono ancora impregnati della cultura tradizionale e i momenti importanti della vita tanto privata che comunitaria vengono regolati da un preciso cerimoniale.
La ritualità è particolarmente evidente nel Sumo, lo sport nazionale, che viene considerato una vera e propria forma d’arte. I gesti del rikishi (lottatore di sumo) sono modulati secondo schemi precisi: lo shiko, ad esempio, è quel movimento particolare nel quale il lottatore si posiziona a gambe larghe con le ginocchia piegate e, alternativamente, solleva le gambe con inaspettata leggerezza, non solo per praticare esercizi di stretching ma anche per allontanare demoni ed intimorire l’avversario. Prima di ogni incontro, il rikishi lancia una manciata di sale sul dohyo (la zona del combattimento, considerata sacra), un gesto propiziatorio e bene augurante finalizzato a proteggere i lottatori da infortuni e cadute.
Il 22 maggio scorso, ho partecipato alla cerimonia di premiazione del Grand Tournament che si è svolta alla presenza del Primo Ministro Shinzo Abe, presso lo stadio del Sumo di Tokyo. Sono salito sull’area sacra e ho pronunciato formule giapponesi di stile arcaico. Al vincitore del torneo, Hakuho, ho consegnato un premio speciale, offerto in collaborazione con i Consorzi del Parmigiano Reggiano e del Prosciutto di Parma, in occasione del 150mo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone. Un trofeo di cibo è del tutto inusuale in quel contesto ma mi risulta che sia stato particolarmente gradito. In Giappone insomma la tradizione lascia qualche spazio alle contaminazioni della contemporaneità.

Marco Sonsini

Editoriale

Distanza geografica e differenze culturali dovrebbero fare dell’Italia e del Giappone due realtà inconciliabili. Eppure non è così. Quale migliore occasione per approfondire il perché di questa fascinazione, reciproca, della celebrazione del 150mo anniversario delle relazioni Italia-Giappone? E quale migliore interlocutore dell’Ambasciatore d’Italia a Tokio, Domenico Giorgi, per raccontarci la storia di questa lunga relazione? Il 1866 è un momento importantissimo nella storia delle relazioni tra Italia e Giappone: sono due paesi che vivono delle profonde trasformazioni: uno si è unificato e sta diventando un protagonista internazionale, l’altro sta attraversando una fase interna di modernizzazione, industrializzazione e, un pizzico di occidentalizzazione. Ma non sarebbe corretto dire che iniziamo a conoscere il Giappone solo in questo momento di trasformazione. I nostri rapporti erano infatti di lunga data. Almeno da 500 anni prima. Questa storia di conoscenza è raccontata in modo squisito dall’Ambasciatore che, in una serie di tappe temporali- ad esempio la storia di D’Annunzio che raccontava di non saper resistere alla cultura giapponese e di aver speso una fortuna nell’acquisto di opere, vasi, dipinti o il fatto che Puccini colse a piene mani dalla lirica nipponica- arriva ai giorni nostri. In Giappone, un termine che capita spesso di sentir accostato al concetto di Italia è ブランド - burando - prestito lessicale tratto dall’inglese (brand) per designare il concetto di “marchio”, “marca”, “sigillo di qualità”: tutto ciò che rientra all’interno dell’aura italiana gode in Giappone di un successo senza pari. Italia è sinonimo di qualità, di bello, di raffinatezza. Dare ad un prodotto un nome che richiami all’Italia è garanzia di successo, e capita molto spesso di veder comparire i colori della bandiera italiana nei luoghi più disparati, non ultime le strade, dove bar, caffè, ristoranti, pizzerie che fanno riferimento all’Italia sono presenti in quantità innumerevole. Ma anche in Italia la passione per l’arte, la cultura e la cucina giapponese è infinita. E questo è sentir comune. Meno noto è ciò che accomuna i due paesi nel contesto economico: negli ultimi anni entrambi i governi hanno gestito deficit crescenti per cercare di stabilizzare le loro economie in un contesto di rapidi cambiamenti, come ad esempio quello della svolta della domanda dal manifatturiero ai servizi. Ambedue le crisi del debito vengono lette da molti economisti in modo ottimistico: crisi di crescita, che per essere affrontate necessitano politiche utili a passare dalla preservazione della ricchezza all’innovazione e ad un rinnovo della generazione di reddito. Italia e Giappone, come sottolinea l’Ambasciatore Giorgi, possono imparare dalle rispettive esperienze. Il Giappone ha già provveduto, ad esempio, al riassetto competitivo delle sue imprese e del mercato del lavoro, mentre appare in ritardo sul fronte delle riforme fiscali. L’Italia, in questo settore e in quello previdenziale è più avanti del Giappone, mentre di Corporate Italy ancora non se ne vede nemmeno l’ombra!

Domenico Giorgi

Domenico Giorgi è Ambasciatore d’Italia in Giappone dal 23 novembre 2012. Si laurea in Scienze Politiche all’Università di Firenze nel 1978 e dopo aver vinto il complicatissimo e ambitissimo concorso, entra nella carriera diplomatica nel 1980. Viene quindi assegnato alla Direzione Generale per le Relazioni Culturali fino al suo primo incarico all’estero. E proprio dal suo primo incarico nel 1983, presso l’Ambasciata d’Italia a Pechino con funzioni di Primo Segretario, inizia la sua spola tra l’estremo e medio Oriente e l’Italia. Ma un salto a Bruxelles tocca farlo! Nel 1986 lo ritroviamo Primo Segretario commerciale alla Rappresentanza Permanente d’Italia presso la Comunità Economica Europea, dove è confermato nel 1990 con il grado di Consigliere. Rientrato a Roma nel 1991, è chiamato a svolgere le funzioni di Capo-Segreteria della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo. Dal novembre 1993 all’agosto 1996 presta servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, trasferendosi poi per i successivi quattro anni alla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra, dove è confermato come Primo Consigliere. Nel 2000 rientra a Roma alla Direzione Generale per l’Integrazione Europea fino alla sua nomina ad Ambasciatore in Afghanistan. Dal 5 febbraio 2002 al 15 dicembre 2004 è quindi Ambasciatore a Kabul. Di Afghanistan si era occupato dal ‘96 al 2000 proprio a Ginevra, alla Rappresentanza presso le organizzazioni internazionali e quindi anche l’Onu, che in quella sede promuoveva il dialogo tra le fazioni afghane. Qui diventa un vero e proprio punto di riferimento per la popolazione locale, e ancora viene ricordato per il suo sostegno concreto ad esperienze straordinarie come quelle della “Una strada per la pace - A patchwork for peace”. Promosso Ministro Plenipotenziario nel 2003, dal 2005 al 2007 è Consigliere Diplomatico del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Successivamente, rientra al Ministero degli Affari Esteri alle dirette dipendenze del Direttore Generale per i Paesi del Mediterraneo e Medio Oriente e nel 2008 è incaricato di coordinare l’iniziativa ”Unione per il Mediterraneo”. Nel settembre 2010 è nominato Vice Direttore Generale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. A seguito della riforma dell’organizzazione del Ministero degli Affari Esteri nel dicembre 2010 viene nominato Vice Direttore Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza e Direttore Centrale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Il 2 gennaio 2014 è promosso al grado di Ambasciatore.
Piacentino, 64 anni, ha due figlie e un figlio.

Marco Sonsini