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Novembre 2020, Anno XII, n. 11

Massimo Castelli

Il Sindaco degli Alberi

"Lo spopolamento è la prima emergenza nazionale, quando muore un borgo, muoiono tradizioni e saperi millenari, se ne vanno prodotti tipici unici irripetibili, sparisce il paesaggio, l’architettura rurale, sparisce una parte dell’identità nazionale".

Telos: Ogni volta che si parla dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, viene utilizzata l’espressione, suggestiva, di Sindaco d’Italia. Ma allora è vero che un Sindaco ha, nell’amministrare la propria città, più potere di quanto non ne abbia oggi il Presidente del Consiglio?

Massimo Castelli: L’elezione diretta del Sindaco si è resa necessaria per dare stabilità alle Amministrazioni comunali. Con il precedente sistema proporzionale la loro stabilità era legata ad accordi tra partiti, che nel volgere di un mandato amministrativo cambiavano più volte le alleanze, le maggioranze e di conseguenza il Sindaco. L’attuale forza del Sindaco dipende dal fatto che è eletto direttamente dai cittadini e se cade, decade anche il Consiglio Comunale. Per equiparare la figura del Sindaco al Presidente del Consiglio, quest’ultimo dovrebbe essere eletto direttamente dai cittadini e in caso di sfiducia da parte del Parlamento si dovrebbe tornare ad elezioni. Oggi non è così, quindi le due cariche non sono confrontabili. Per concludere, il Sindaco non ha più potere, del Presidente del Consiglio, ma sicuramente più autorevolezza che gli deriva dal fatto di essere eletto direttamente dai cittadini.

La crisi del sistema dei partiti è stata molto probabilmente l’origine del diffuso sentimento anti-politico. Eppure questo distacco tra cittadini e la politica è molto meno forte quando si parla del Sindaco. Riscontra ancora passione politica tra i Suoi cittadini??

Il sistema dei partiti tradizionali si reggeva sulle fondamenta solide delle ideologie e degli ideali, si avevano idee contrapposte di società, scontri duri, ma rispetto delle parti avverse e reciproca legittimazione. Oggi è la stagione del leaderismo, del partito personale e dell’assoluta leggerezza con cui si cambia schieramento politico. Il cittadino è disorientato, non vede più un sano confronto politico, ma risse, insulti e continui tentativi di delegittimazioni reciproche. La prima forma di anti-politica la pratica la politica stessa. Quando vado al bar del mio paese non trovo più la passione politica, la frase tipica è: ‘sono tutti uguali’. Ma se hai lavorato bene come Sindaco ti viene riconosciuto, bevi un caffè e capisci di non essere classificato nel ‘sono tutti uguali’ ma nel ‘sei uno di noi’.

Essere il Sindaco di Cerignale, un paese di 122 abitanti, ma con 1 milione di alberi, è sicuramente un’esperienza unica. Un luogo che esprime in maniera icastica il grande problema dello spopolamento dei paesi e dei borghi, contro il quale Lei sta portando avanti una lotta istituzionale e programmatica. Ci racconta alcune delle azioni che ha messo in atto per salvare il Suo paese?

Lo spopolamento è la prima emergenza nazionale, quando muore un borgo, muoiono tradizioni e saperi millenari, se ne vanno prodotti tipici unici irripetibili, sparisce il paesaggio, l’architettura rurale, sparisce una parte dell’identità nazionale. La lotta che abbiamo intrapreso in ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) è far capire che, in un periodo storico in cui gli spazi, il verde, una nuova prospettiva di socialità trovano una nuova centralità anche economica (pensiamo alla green economy), sta sparendo un mondo con tutte le sue potenzialità. Per ripartire, abbiamo urgente bisogno di un impianto legislativo ‘rivoluzionario’ che ponga le basi per favorire il controesodo. Siamo in ritardo e rischiamo la desertificazione di tanta Italia. Nel mio piccolo paese, la prima azione intrapresa è stata ricostruire nei miei cittadini una forte identità di comunità. “Non siamo sfigati…” anzi siamo molto fortunati perché abbiamo un milione di concittadini alberi. In sostanza, ho cercato di valorizzare le nostre potenzialità. Abbiamo realizzato una centralina idroelettrica dove prima c’era un antico mulino, su buona parte dei tetti degli edifici comunali abbiamo installato pannelli fotovoltaici. Questi interventi, abbinati alla riqualificazione delle illuminazioni pubbliche (tutte a LED), ci danno completa autonomia energetica, senza produrre un grammo di carbonio. Per ridare un’identità al borgo abbiamo ridefinito e migliorato tanti spazi pubblici, realizzando un forno comune, un lavatoio, un percorso d’acqua illuminato, un museo diffuso, un centro di aggregazione e due nuove piazzette, dove i giovani e gli anziani si incontrano. Per i cittadini residenti, abbiamo istituito un taxi sociale, un servizio di volontari dell’Associazione per l’invecchiamento attivo (AUSER) che soddisfano le esigenze delle persone più fragili. Attualmente stiamo ristrutturando il palazzo comunale, per creare, oltre agli uffici, un nuovo spazio sanitario per la tele-diagnostica e due postazioni di tele-lavoro, aperto ai nuovi lavoratori in modalità smart working. Tutto questo attivismo ha destato curiosità ed interesse per questo paese che non vuole morire, e quindi abbiamo molti più turisti, nuove residenze e tanta speranza per un futuro migliore.

Coordinatore ANCI dei Piccoli Comuni, un ruolo che ormai ricopre da tempo. Memorabile la Sua affermazione ‘non possiamo più tollerare che si facciano norme che considerano i Comuni come comitati d’affari’. Quali sono le istanze più urgenti che porta avanti sia all’interno dell’Associazione, ma soprattutto nei confronti del Governo, per i ‘Suoi’ associati?

Le parole magiche per i piccoli Comuni che rappresento in ANCI sono: controesodo, semplificazione, differenziazione. Controesodo vuol dire politiche strutturali e nuove normative per contrastare lo spopolamento, che interessa più di 2.000 piccoli Comuni e quasi la metà del territorio nazionale. Semplificazione vuol dire sconfiggere le burocrazie che costano moltissimo in termini di tempo e denaro e spesso sono solo fine a sé stesse. Non è accettabile che per concludere le procedure di gara di un appalto pubblico ci vogliano otto mesi e magari solo tre per realizzare l’opera. Differenziazione vuol dire norme differenti perché non siamo tutti uguali, non è sensato che una norma, ad esempio in materia di assunzioni del personale valga sia per i 24.000 dipendenti del Comune di Roma che per i 3 del Comune di Cerignale. Potrei andare avanti con un elenco quasi infinito. Sottolineo che questa incapacità delle norme di adattarsi alle situazioni reali porta a chiudere scuole, ospedali ecc., guarda caso sempre nelle aree più difficili del nostro paese. La battaglia in ANCI che dobbiamo combattere è tutta qua, norme, regole, investimenti per garantire a tutti i cittadini italiani gli stessi diritti costituzionali a prescindere da dove sono nati e da dove vivono. Oggi purtroppo abbiamo 2 Italie, una di seria A e una di serie B. Alla politica chiediamo di giocare tutti nel campionato di serie A. Se vinceremo le sfide del prossimo futuro lo faremo tutti insieme, città, paesi e territorio. Se non sarà così, non ci sarà un vincitore, ma solo perdenti.

Marco Sonsini

Editoriale

Per dare la misura di quanto è piccolo un paese, anzi di quanto sia poco abitato, viene spesso usata l’espressione ‘10 abitanti, pecore comprese’. Oggi, graditissimo ospite del numero di novembre di PRIMOPIANOSCALAc, abbiamo Massimo Castelli, Sindaco di Cerignale, paese di 1.000.122 abitanti, alberi compresi. Certo gli alberi sono un milione, ma poco importa a Castelli che amministra il suo paese con la medesima energia di un Sindaco che di concittadini ne ha un milione. Forse anche di più. Perché quando sei piccolo devi essere ancora più attivo per far sentire la tua voce e devi essere capace di presentarti alla Camera dei Deputati con il lutto al braccio perché ogni giorno nell’Italia minore c’è un paesino che muore, e non sembra che la cosa importi a molti. Lo ha ricordato anche Mattarella, che lo scorso 24 ottobre, nel messaggio inviato all’Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti Montani ha scritto “Contrastare marginalità e isolamenti, che rischiano di impoverire il nostro patrimonio civile e lasciare nell'abbandono parti preziose di territorio, è compito della Repubblica, nel suo insieme. Nuove infrastrutture e reti di connessione sono oggi disponibili per poter ridurre le difficoltà causate da distanze fisiche e dare ai giovani un futuro dignitoso anche in comunità più remote dove sono cresciuti o hanno scelto di vivere”.
Castelli però non è rimasto seduto ad aspettare che ci pensassero altri, e non si è piegato alla logica spietata dei numeri: meno abitanti = a meno servizi, meno servizi = a meno abitanti. Sindaco da dodici anni si batte per i piccoli Comuni di cui è diventato coordinatore nazionale e, ad esempio, sollecita una fiscalità di vantaggio per le imprese che non delocalizzano e semplificazioni burocratiche per chi ristruttura e crea occupazione. Gli abbiamo chiesto di raccontarci alcune delle azioni che ha messo in atto per salvare Cerignale, e tra le tante, ci ha colpito in modo particolare l’impiego dell’acqua. Oltre agli alberi, l’altro elemento naturale che scarseggia ovunque, è l’acqua, ma la chiusura delle stalle e dei mulini della zona ha fatto in modo che a Cerignale ce ne fosse in abbondanza. Quindi Castelli ha fatto in modo, con i contributi del Piano di sviluppo rurale della Regione Emilia-Romagna, di costruire una centrale idroelettrica in politoys, con microturbina di potenza media pari a 16,82 KW e potenza massima di 40 KW inaugurata nell’estate del 2019, e che oggi già produce tanta energia da soddisfare i bisogni del paese.
Tra le numerose cose compiute, ha dimenticato di raccontarci che per non perdere il servizio postale, cinque anni fa, ha inventato un compito speciale per il portalettere: la consegna del giornale. Ha fatto l’abbonamento a chi vive solo nelle frazioni isolate. Il postino distribuisce il giornale e, soprattutto, controlla che tutto vada bene. Due piccioni con una fava.
Prendersi cura dei piccoli paesi dell’Appennino, dal nord al sud, non è un regalo ma un servizio che si offre all’Italia.
Le parole di Castelli ci portano alla mente la restanza, il fenomeno analizzato dal Prof. Vito Teti, antropologo, nel suo libro, “Pietre di pane. Un’antropologia del restare”. Cos’è la restanza? È una scelta di vita. Ieri le persone emigravano; oggi continuano a farlo, ma altrettante scelgono invece di restare in un luogo. E le due cose non sono necessariamente opposte, piuttosto complementari.
Può la pandemia, che ha reso la nostra vita nelle grandi città una vera e propria clausura, spingerci a tornare a ripopolare questi borghi? Può lo smart working salvarli dalla desertificazione? Sì, ma come ribadisce Castelli, c’è l’urgenza di una veloce digitalizzazione di queste parti del Paese, che sono rimaste di fatto escluse dai grandi progetti di banda larga, e serve soprattutto il “lievito normativo. (…) In Italia ci sono 2 milioni di case abbandonate, senza contare le terre. Servirebbe una norma per poterle riutilizzare.
Per comprendere il valore della digitalizzazione delle aree periferiche basterebbe guardare il progetto europeo Villaggi intelligenti, all’interno della Rete Europea per lo Sviluppo Rurale (RESR).
Sulla copertina di novembre, dove, come di prassi, la lettera iniziale della città si fonde graficamente con l’animale che la rappresenta, anche se geneticamnete modificato, troverete il cervo- un omaggio agli alberi di Cerignale. Qui, il cervo, uno dei 4 artiodattili presenti nell’Alta Val Trebbia, è tornato ad apparire tra il milione di alberi. Era quasi scomparso dai nostri boschi, per ragioni demografiche, industriali, e venatorie, ma da qualche anno sta ripopolando il territorio. È un animale solitario, sfuggente e bellissimo. Il palco (le cosiddette corna) che ricorda molto i rami degli alberi, e che viene portato con grazia e maestosità dai maschi della specie, ogni anno cade dopo il periodo degli amori, per poi ricrescere a partire dalla primavera. Per questo rinnovarsi periodico delle corna, il cervo è considerato il simbolo della rigenerazione vitale. Rinascita e rigenerazione che è l’augurio che facciamo ai nostri borghi e paesi d'Italia.

Mariella Palazzolo

Massimo Castelli

Massimo Castelli è il Sindaco di Cerignale (PC) dal 2009, eletto con una lista civica vicina al centro-sinistra, e rieletto nel 2014 con la lista “Insieme ancora per Cerignale” con l’89,28% delle preferenze (ovvero 75 voti).
Dal 2014 al 2018 è stato membro del Consiglio provinciale di Piacenza, e dal 2004 al 2009 Assessore ai Servizi sociali del Comune di Cerignale; nello stesso periodo è stato anche Consigliere e Assessore ai Servizi Sociali della Comunità Montana dell’Appennino Piacentino.
Dal 2009 è stato Coordinatore Regionale dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) per i piccoli Comuni dell’Emilia-Romagna, fino al 2014, quando è stato eletto Coordinatore Nazionale ANCI per i piccoli Comuni, incarico che mantiene ancora oggi.
Come politico, si batte da sempre per la difesa dei territori di montagna, per non perdere una parte fondamentale d’Italia.
Castelli è un perito agrario specializzato nel settore agro-turistico, e ha tenuto alcune docenze in corsi di formazione nel settore del marketing agrituristico e dei prodotti tipici.
Quando può, collabora alla gestione del bar-ristorante di famiglia, dove il piatto forte sono i tagliolini ai funghi e i pin piacentini.
Dice di sé di essere un montano, appassionato di montagna in tutte le sue declinazioni. Ama fare trekking e andare a raccogliere funghi. È anche un collezionista, appassionato di numismatica e filatelia.
Ha 58 anni ed una figlia di 24.

Marco Sonsini