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Gennaio 2023, Anno XV, n. 1

Fabio Lucidi

Il Prorettore per la Crescita Sociale

Una grande università generalista è chiamata ad offrire ad ogni studente e studentessa la possibilità di valorizzare il proprio impegno e le proprie caratteristiche, rendendole parte di un grande progetto di crescita sociale.

Telos: Prorettore alla Quarta Missione ed ai rapporti con la Comunità Studentesca della Sapienza. Quale sarà il suo compito?

Fabio Lucidi: Nel nostro intendimento una grande università generalista è chiamata ad offrire ad ogni studente e studentessa la possibilità di valorizzare il proprio impegno e le proprie caratteristiche, rendendole parte di un grande progetto di crescita sociale. In questa accezione il merito non è un valore assoluto lungo il quale stilare graduatorie o classifiche, ma assume la forma della disponibilità a dare del proprio meglio per acquisire risorse personali e trasformarle in valore collettivo. Il concetto di merito, così declinato, non rimanda dunque all’esclusione di alcuni a vantaggio di altri, ma all’opportunità di ciascuno di vedere messo in rilievo il proprio contributo, quando questo è offerto con impegno e passione. Questo corrisponde alla necessità delle istituzioni formative di dare forza alle differenze individuali, poggino esse sul genere, sullo status socio-economico, su etnia o background migratorio, su qualsiasi orientamento, evitando che si trasformino in disuguaglianze. Nel mio triennio da Preside della Facoltà di Medicina e Psicologia avevo avuto l’opportunità di lavorare su questi temi, grazie al fatto che la Rettrice aveva istituito un Comitato Tecnico Scientifico dedicato alla diversità e l’inclusione, e me ne aveva affidato il coordinamento: è questo l’ambito che la Rettrice stessa ha definito come Quarta Missione della Sapienza. Dopo che si è concluso il mio incarico come Preside, sono stato nominato Prorettore alla Quarta Missione e ai rapporti con la Comunità Studentesca. Ne sono davvero onorato, ed è un compito che spero di svolgere con impegno e passione. Riguarda temi attuali ed importanti, specialmente in un Ateneo che vede al proprio interno oltre 110 mila studenti, con 3.500 professori, ricercatori, che coprono ogni disciplina, con altrettanto personale tecnico, amministrativo, bibliotecario. La Sapienza costituisce una città dentro la città, abitata prevalentemente da giovani dai 19 ai 23 anni, che vivono un presente cercando allo stesso tempo di proiettarsi verso il futuro. L’accesso al mondo del lavoro non richiede soltanto una serie di competenze disciplinari e tecniche che cerchiamo di fornire grazie a un corpo docenti estremamente qualificato, ma richiede anche tutta una serie di competenze trasversali. La conoscenza delle lingue - a partire dalla lingua inglese, piuttosto che delle soft skill, legate alla comunicazione, alla presa di decisioni, alla capacità di regolare i propri comportamenti e le proprie emozioni, all’abilità di costruire relazioni: quest’ultime sono spesso offerte dalla famiglia. Un'università moderna ha anche il ruolo di mettere in condizione gli studenti che non dispongono di questo vantaggio familiare, di poter acquisire adeguatamente queste abilità trasversali. È un contesto nel quale dobbiamo cercare di garantire a tutti e a tutte il pieno esercizio dei diritti costituzionali, a partire da quello allo studio. Ma se si vuole anche favorire l’equità, la mobilità sociale, valorizzare le individualità e le differenze allora c’è bisogno di un piano strategico e di individui che si dedichino a realizzarlo con passione nel dialogo. Per questo mi è stata affidata anche la delega dei rapporti con la Comunità Studentesca, affinché il percorso fosse costruito insieme sulla base dell’ascolto reciproco e del rispetto delle diverse istanze e competenze.

Reduce da un altro incarico non da meno, quello di Preside della Facoltà di Medicina e Psicologia nello stesso Ateneo. Semplificazione, sburocratizzazione e integrazione tra le aree della Facoltà sono le parole chiave del programma con il quale si è candidato nel settembre del 2019. Un bilancio di fine mandato?

Non è stato semplice presiedere una Facoltà di area medica durante la pandemia. Abbiamo dovuto continuare a garantire la didattica in un momento in cui lo scambio attivo e in copresenza tra docenti e studenti era fisicamente impedito, garantire ricerca quando i laboratori non erano accessibili, garantire assistenza ai pazienti -la Facoltà poggia sulla collaborazione con uno dei più grandi policlinici universitari di questo paese, l’Ospedale Universitario Sant’Andrea- in un momento in cui si è verificata una delle più grandi emergenze sanitarie globali della storia dell’umanità. Abbiamo cercato, come tutti, di resistere e rilanciare. Siamo stati costretti a digitalizzare tutti i nostri sistemi in poche settimane, anche facilitati dal fatto che avevamo avuto a disposizione una sede nuova, abbiamo dovuto modificare tutte le nostre procedure, affinché potessero resistere all’enorme stress test a cui le abbiamo dovute sottoporre, abbiamo caratterizzato la Facoltà come lo snodo per la costruzione di un sistema di salute fisica e di benessere mentale, in una visione olistica. Abbiamo dovuto fare uno sforzo per facilitare i monitoraggi e le azioni assistenziali in una prospettiva di e-health. In questo senso, non abbiamo fatto altro che cogliere le opportunità nascoste all’interno di una crisi durissima. Lo abbiamo fatto lavorando come una squadra, dove il Preside è stato chiamato ad accompagnare e ad agevolare tutti coloro, docenti, studenti, personale, che abbiano voluto impegnare le proprie risorse e capacità, al servizio di questo obiettivo, sul piano della ricerca, della didattica e dell’assistenza, per esempio nelle Aziende Ospedaliere, nei servizi di counselling dell’ateneo, in altre strutture dipartimentali. Non sta a me dire se sia andata bene, posso solo dire che ritengo questa l’esperienza professionale più intensa e soddisfacente della mia carriera. Sono uno psicologo, non avevo idea delle sfide che avrei dovuto affrontare e nemmeno della passione con la quale molti medici affrontano la propria missione assistenziale. Ne esco con molte conoscenze nuove e, se mi permettete la nota personale, molte amicizie in più…di quelle che si costruiscono superando insieme difficoltà inattese.

La politica e le Istituzioni sono attente alle istanze dell’Università? Che cosa chiederebbe loro?

Di considerare l’Università per ciò che è: lo strumento principale per la costruzione di una cittadinanza consapevole. Ho già parlato delle Missioni di Ricerca e Didattica attribuite alle Università. Sono fondamentali, ma oggi gli Atenei non possono limitarsi alla sola produzione e trasmissione delle informazioni, bensì devono ambire a individuare e insegnare il modo in cui vanno selezionate le conoscenze, le modalità ottimali per applicarle concretamente e aggiornarle costantemente, trasformando così dati ed evidenze in quattro distinte forme: il “sapere” propriamente inteso, il “saper fare”, il “saper essere” e il “saper trasmettere”. Con questa trasformazione, accompagnata da una sempre più evidente centralità dello scambio della conoscenza con gli stakeholder sul territorio, il contributo che le Università sono chiamate a offrire è quello di fronteggiare la complessità proponendosi ciascuna come veri e propri snodi per favorire l’accesso al sapere come componente fondamentale del diritto di cittadinanza. Questo processo va compreso dalla politica, spesso troppo concentrata su obiettivi di realizzabilità immediata, deve essere finanziato e reso possibile. È evidente che alla politica sta il compito di definire priorità e urgenze. Ciononostante promuovere l'interesse nella scienza, favorire la comprensione della cultura scientifica, incoraggiare il pensiero critico e creativo, accogliere il pluralismo di idee e di culture, favorire la comunicazione fra società civile e istituzioni di ricerca, devono essere sempre più considerati temi di grande rilevanza civica e politica. Il PNRR è una grande opportunità che le università devono riuscire a cogliere. Starà però alla politica decidere se questa opportunità rappresenta le fondamenta per costruire una società nella conoscenza oppure solo un modo per aprire nuove sacche di precariato scientifico, preludio per una nuova fuga dei cervelli.

Una lunghissima carriera di scienziato, con moltissime aree di ricerca. Eppure scorrendo il suo curriculum traspare, evidente, un particolare interesse alla psicologia dello sport. Da cosa nasce e a cosa è approdato?

Nasce da una passione personale per lo sport e dall’idea professionale che il contesto sportivo possa rappresentare un laboratorio in natura, dove le condizioni alla base di comportamenti di altissima difficoltà sono messe in atto in un contesto reale, ma controllate meglio che in molti esperimenti. È approdato ad una meravigliosa vita di continue sperimentazioni, di incontri entusiasmanti (sia con altri ricercatori che con atleti di alto e altissimo livello), di qualche modesto contributo personale sul piano scientifico e applicativo e alla convinzione che i processi mentali siano determinati da meccanismi complessi (che non vuol dire necessariamente complicati) ma straordinariamente affascinanti.

Marco Sonsini

Editoriale

Entusiasmo, gioia, voglia di fare, ecco come il professor Lucidi riesce letteralmente a travolgere e coinvolgere chiunque lo avvicini. Il tutto condito da un’immensa competenza in ogni anfratto e declinazione della vita universitaria. Non per nulla, dopo essere stato eletto Preside della Facoltà di Medicina e Psicologia, è stato scelto, dalla Rettrice Polimeni, come Prorettore alla Quarta Missione ed ai rapporti con la Comunità Studentesca. Al nostro intervistato del numero di gennaio di PRIMOPIANOSCALAc abbiamo subito chiesto cosa significasse ‘Quarta Missione’. Ammettiamo che, quando abbiamo letto del nuovo incarico, la parte che ci sembrava più ostica era quella dei rapporti con gli studenti, ma dopo la descrizione della Quarta Missione, ci siamo ricreduti. Il compito di Fabio Lucidi sarà, in sintesi, quello di affrontare i temi delle diseguaglianze, mobilità sociale e istruzione. Sfida non da poco. Negli anni Sessanta e Settanta si parlava di ascensore sociale quando le nuove generazioni riuscivano a raggiungere uno stato sociale più alto rispetto a quello di provenienza grazie, principalmente, all’istruzione e alla formazione scolastica e universitaria. A definire il concetto di ascensore sociale è l’Enciclopedia Treccani, che lo descrive come “il processo che consente e agevola il cambiamento di stato sociale e l’integrazione tra i diversi strati che formano la società”. In altri termini, un individuo innalza la propria condizione personale e sociale attraverso il lavoro, l’istruzione e la crescita economica di uno Stato. Ma secondo l’ultimo rapporto OCSE “Education at a Glance” questo ascensore, nel nostro paese, si è rotto. La maggior parte dei genitori italiani teme addirittura che i propri figli non raggiungano il loro stesso status e benessere. In Italia lo status economico delle persone è strettamente correlato a quello dei loro genitori, e sempre secondo l’OCSE, potrebbero essere necessarie almeno 5 generazioni per i bambini nati in famiglie a basso reddito per raggiungere il reddito medio! I fattori che si cumulano di padre in figlio innescano quella che si può definire la riproduzione intergenerazionale delle diseguaglianze. Vantaggi, anche piccoli, lungo ciascuna di queste dimensioni possono sommarsi fino a generare privilegi ampi, distanze enormi e ingiustizie sostanziali. Cosa si può fare? Lo studio, l’istruzione è la risposta principale. Ma non solo. Lucidi ci spiega che compito della Quarta Missione è anche quello di colmare un altro divario: oltre agli studi, anche le qualità soggettive e personali, le cosiddette soft skill, sono più facilmente sviluppate dai figli delle famiglie più agiate, con livelli di istruzione superiori, che frequentano ambienti sociali intellettualmente ricchi, che possono permettersi viaggi, studio delle lingue e percorsi di istruzione diversificati. Non devono esistere opportunità predefinite solo per alcuni, né posizioni cristallizzate solo a vantaggio di qualche individuo. Chiunque lo voglia e lo meriti deve potersi innalzare; ed è anche compito dell’Università far sì che questo accada. Forse l’Università oggi non è un motore di mobilità sufficientemente potente per contrastare l’effetto deflagrante delle diseguaglianze, ma è di sicuro il migliore a nostra disposizione. Parole illuminate e bellissime quelle del Prof, che vi invitiamo a leggere nella sua intervista, che si conclude con un cenno alla sua passione di ricerca e di vita: lo sport. "Lo sport può creare speranza, dove una volta c'era solo disperazione. È più potente dei governi nell'abbattere le barriere" scriveva Mandela, quindi perfettamente in linea con i compiti attuali del nostro. Allo sport Lucidi ha sempre guardato, da scienziato, con immenso interesse con la convinzione che “il contesto sportivo possa rappresentare un laboratorio in natura, dove le condizioni alla base di comportamenti di altissima difficoltà sono messe in atto in un contesto reale, ma controllate meglio che in molti esperimenti.”
Inizia con questo numero, la nuova serie grafica, e molto altro, delle copertine del 2023 di PRIMOPIANOSCALAc. L’idea è stata quella di creare con i volti degli intervistati una sorta di merchandising museale. Ogni mese mostrerà un oggetto differente personalizzato con il volto in bianco e nero dell’intervistato. I nostri ospiti saranno delle vere e proprie figure iconiche, alla stregua di quelle che troviamo oggetti e articoli ispirati alle opere esposte in un museo: la Gioconda, i due paffuti angioletti della Madonna Sistina di Raffaello, il cielo stellato di Van Gogh... E ogni personaggio diventerà talmente iconico da essere trattato come una pop star, che canta sui social. Per Lucidi, grande sportivo, abbiamo scelto la felpa, ma anche la sua canzone sarà in tema maratona. Aspettate a scoprirlo.

Mariella Palazzolo

Fabio Lucidi

Fabio Lucidi è Prorettore alla Quarta Missione ed ai rapporti con la Comunità Studentesca dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma.
Inizia la carriera accademica nel 1999, quando diventa Ricercatore universitario del Dipartimento di Psicologia de ‘La Sapienza’. Nel 2000 è Professore associato nel Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione della stessa Università, nonché Responsabile del Servizio di Psicologia dello Sport. Dal 2010 è Professore Ordinario di Psicometria.
Nel 2017 è eletto Vice Preside Vicario della Facoltà di Medicina e Psicologia de ‘La Sapienza’, e dal 2019 al 2022, è stato il Preside della stessa Facoltà.
La sua attività di ricerca è incentrata sulla Psicologia dello Sport: “Lo sport è l’area di maggiore impegno. Lavoro su tecniche psicometriche nella promozione della salute”.
È autore di oltre duecento pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.
È responsabile scientifico di Progetti di ricerca finanziati dall’Università ‘La Sapienza’, dal Governo Italiano, dal Comitato Olimpico Internazionale e dalla WADA, l’Agenzia Mondiale Antidoping.
È Direttore della collana di Psicologia dello Sport.
È Past President della Società Italiana di Psicologia della Salute (SIPSIA) e della Società Italiana di Psicologia (SIP).
È nato a Hong-Kong, ma è cresciuto e vive a Roma. Appassionato podista, maratoneta, racconta: “Ricordo di una gara in cui per non fermarmi ho pensato all’arrivo, dove avrei trovato mia figlia e al gelato che avremmo preso assieme!”. Miglior tempo della carriera 3h 48'.
La corsa non l’unico sport che pratica, ma è anche appassionato di kayak e bicicletta.
Ha 57 anni, è sposato e ha due figlie (per non parlar del gatto!)

Marco Sonsini