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Febbraio 2016, Anno VIII, n. 2

Jas Gawronski

Il nomade Jas

“Il mio percorso è stato dettato anche dalla fortuna. Nella vita di ogni persona succedono cose volute e altre che semplicemente capitano. Quando quella casualità è un qualcosa di positivo in linea con gli obiettivi che ci si è prefissi, si parla di fortuna. Io di fortuna ne ho avuta molta.”

Telos: Giornalista a 21 anni, quando approfittando dei suoi soggiorni a Varsavia inizia a scrivere per alcuni giornali italiani. È stato corrispondente Rai-Tv ricoprendo sedi prestigiosissime, New York, Mosca e Parigi. Il suo ingresso in politica non è passato inosservato: eurodeputato per cinque legislature, Senatore della Repubblica, portavoce di Silvio Berlusconi al suo debutto a Palazzo Chigi (1994). Eppure si definisce una persona poco ambiziosa. Qual è il segreto di questo brillante percorso?

Jas Gawronski: Il mio percorso è stato dettato anche dalla fortuna. Nella vita di ogni persona succedono cose volute e altre che semplicemente capitano. Quando quella casualità è un qualcosa di positivo in linea con gli obiettivi che ci si è prefissi, si parla di fortuna. Io di fortuna ne ho avuta molta. Per esempio, la mia è stata quella di incontrare Ruggero Orlando all’inizio della mia carriera. Con lui io sono arrivato a New York come assistente di Enzo Biagi. A quel tempo gli assistenti si occupavano di tutto. Io organizzavo viaggi, fissavo appuntamenti. Tra l’altro, ricordo che Biagi non parlando inglese, delegava a me il compito di fare molte interviste. Fu così che Ruggero Orlando resosi conto che gran parte del lavoro che portava la firma di Biagi era svolto da me, mi volle all’interno della Rai. Entrai quindi a farne parte come suo vice corrispondente. Fu una grande occasione per me, che mi permise di avviare un percorso verso la realizzazione del mio più grande obiettivo: quello di fare il giornalista. Percorso non proprio scontato, visto che avevo molte opposizioni in famiglia. Mio nonno, Alfredo Frassati, grande personaggio, fondatore e proprietario de La Stampa, quando io cominciai a manifestare a 16-17 anni l’intenzione di fare il giornalista si oppose fermamente dicendo che il giornalismo “non poteva più essere considerato una cosa seria”. Erano gli anni ’60. Non oso quindi immaginare cosa direbbe adesso! Ebbi quindi delle difficoltà ad intraprendere questa strada. Quando andai in Polonia a fare le mie prime collaborazioni a mio nonno non lo dissi, ma raccontai che ero lì in cerca di un lavoro stabile!

Qualsiasi suo collega giornalista ucciderebbe per incontrare la metà delle persone che lei ha intervistato. Per citarne alcuni: Fidel Castro, Malcom X, Margaret Thatcher. Per non parlare dei suoi incontri con Giovanni Paolo II, e ne è ultima testimonianza il suo recente libro “A cena dal Papa e altre storie”. Cosa vi troveranno di inedito i suoi lettori?

Di inedito ci sono delle frasi del Papa mai pubblicate per discrezione, poiché si trattava di giudizi personali su importanti personaggi. Nulla che sia in grado di cambiare la storia, ma che in un certo senso completa il quadro di alcune personalità. Ad esempio, si parlava di grandi europeisti De Gasperi, Schumann e sorridendo e con tono leggermente ironico disse “sono tutti democristiani”. Ho avuto la fortuna e l’occasione di essere a cena con Giovanni Paolo II varie volte. Dopo alcuni dei nostri incontri, visto che si trattava di conversazioni molto interessanti, non solo per chi partecipava alle cene (oltre a me e al Papa vi era sempre il suo segretario) gli chiesi di poterle registrare e lui mi disse di si. La volta successiva arrivai quindi con il microfono, e registrammo la conversazione. Ricordo che passai tutta la notte a sbobinare i nostri discorsi! Alle 7 della mattina successiva mi chiamò il segretario del Papa dicendomi “Il Papa preferirebbe che la conversazione di ieri sera rimanesse privata”. Ebbi momenti di esitazione se rispettare questa richiesta o meno, visto che avrei potuto anche decide di pubblicare ugualmente, ma alla fine obbedii. E feci bene, perché l’intervista successiva fu ancora più interessante. Il Papa dimenticò di essere registrato e parlò liberamente. Le mie interviste al Papa - una nel 1989, originariamente cassata, e l’altra nel 1993 - furono in un certo senso innovative e si differenziarono rispetto alle interviste a Pontefici perché avevano ad oggetto argomenti non religiosi. Parlai con Giovanni II solo di politica, di rapporti Est - Ovest, di comunismo, di Europa. Si trattò di uno dei primi casi. Per il resto nel libro racconto dei miei incontri con grandi personaggi della storia, Fidel Castro, Sabin, Lukàcs il grande filosofo. Alcuni capitoli contengono invece la descrizione di Paesi, come la Corea del Nord. Ho viaggiato lì cinque volte. È un Paese molto diverso da tutti gli altri, una dittatura comunista crudelissima. Tra l’altro, un vero e proprio capolavoro di impermeabilità. La dirigenza è riuscita a renderlo completamente impermeabile e scollegato da tutto. Con tutte le opportunità che fornisce la rete, chiudere oggi un Paese così al mondo esterno è un capolavoro di tecnica, di controllo e di oppressione.

Ha dichiarato “Tante situazioni, tanti personaggi, con le loro visioni, i loro progetti, le loro meschinità e astrusità, mi hanno convinto che la storia è vicenda troppo umana per conferirle astrattamente principi troppo fermi. Ho imparato quindi a essere indulgente e relativo”. Cosa l’ha portata a questa conclusione?

Il mio pensiero è che non bisogna mai dare giudizi definitivi, perché ogni persona può avere molte e diverse sfaccettature. Mi vengono in mente gli incontri con Fidel Castro. Due della durata di tre ore, sempre da mezzanotte alle tre di mattino. Molti (anche miei carissimi amici) mi accusarono di essere stato troppo morbido con lui. Ammetto di aver subito un po’ il fascino di questo grandissimo personaggio. Il capo di una piccola isola dei Caraibi che per più di cinquant’anni ha tenuto sotto scacco una grande potenza politica come gli Stati Uniti e che ha avuto una grandissima influenza su tutti gli altri stati sudamericani. Dittatore certo, ma particolare. I miei incontri con lui mi hanno convinto che fosse in assoluta buona fede e che non vedesse se stesso come un dittatore. Lui pensava di fare tutto il possibile per Cuba. Del bene lui lo ha fatto, ma ha fatto anche del male come testimoniano molti dei suoi oppositori, alcuni dei quali in prigione tutt’oggi. Non certo paragonabile ad un dittatore sudamericano con conto in Svizzera e fortune sparse qua e là. Ecco perché dico che non si devono dare giudizi ma occorre rimanere aperti a tutto. Ragionando in questi termini, credo che quello di Castro sia un esempio calzante.

Una delle sue ultime esperienze è quella di Presidente della Quadriennale di Roma, incarico che ha svolto fino ad un anno fa. Sin da subito ha dichiarato di non essere un esperto di arte, ma che il Presidente “deve essere un buon organizzatore”. A distanza di 4 anni la pensa ancora così?

Certo che la penso ancora così! Se poi si è anche esperti di arte è meglio! Ma non è fondamentale perché un Presidente, a supporto dell’attività che svolge, si circonda di bravi collaboratori specialisti di vari settori. Il lavoro di un Presidente è quello di rendere possibile l’organizzazione di una Quadriennale, cosa che io purtroppo non sono riuscito a fare per mancanza di fondi. È stato quindi un po’ frustrante da questo punto di vista. Ma ho avuto modo di scoprire un mondo che prima non conoscevo. Ho avuto modo di conoscere gli artisti, persone con un qualcosa in più, che affrontano la vita con altri principi. Persone per le quali il bello è un valore reale, consistente. Il bello può essere tutto, una sasso, una musica. Ed io questo pensiero l’ho sempre condiviso.

Marco Sonsini

Editoriale

Incontrare Jas Gawronski e trascorrere con lui del tempo in quelle che possono apparire come semplici chiacchiere è un’esperienza davvero unica. Ci si aspetta grande eleganza, charme, capacità di analisi di fatti e persone. Nessuna sorpresa, quindi. E invece no. La sorpresa c’è eccome. L’inaspettata leggerezza e semplicità. Un senso del sé davvero unico, che traspare dal racconto di una vita che non esita a definire fortunata “io di fortuna ne ho avuta molta”. Eppure dopo aver ascoltato i suoi racconti ci domandiamo quanto invece abbia giocato l’intelligenza di saper cogliere tutte le opportunità, e di quanto abbiano gli indiscussi talenti e capacità contribuito al suo successo. Molto, a nostro avviso molto. Una volta lo stesso Gawronski disse che nel guardarsi indietro si vedeva spesso al posto giusto e definì la sua intelligenza come “legata alla nozione di spazio”. Non c’è nulla nel suo racconto che non sia riconducibile alla cronaca: la svolta nella comunicazione del Papa, o del papato? Senza Giovanni Paolo II, che decide di parlare - a tavola, con il tintinnare di posate e bicchieri - non di temi religiosi, ma temi laicissimi come politica e storia, forse oggi la presenza di una figura mediatica come Papa Francesco non sarebbe stata nemmeno pensabile. La Corea del Nord dichiara di essere ormai una potenza nucleare? Gawronski ci rivela di essere stato ben 5 volte nel Paese più inaccessibile del mondo. Disgelo tra USA e Cuba? Gawronski racconta di un Castro che replica a tono alla sua impertinente domanda sul perché mai indossasse sempre l’uniforme da guerrigliero ribattendo “Ma lei, al Papa, glielo ha chiesto perché porta sempre quel vestito bianco?”. È un giornalista particolare, che esprime al meglio l’essenza, la sua interpretazione del mestiere attraverso i ritratti dei grandi, che oggi possiamo ritrovare raccolti nel libro ”A cena dal Papa e altre storie”, introdotti in modo sapiente dal suo fraterno amico Enzo Bettiza che così scrive “incalzato da una inquietudine più slava che latina, il nomade Jas sarebbe apparso accanto ai maggiori e più diversi personaggi del nostro tempo.” Infine Gawronski non nasconde la sua frustrazione per non essere riuscito ad organizzare una Quadriennale, e sostiene di non essere un esperto d’arte. Eppure spulciando tra i suoi ricordi scopriamo che nella New York degli anni sessanta frequentava la casa di Carla Pecci, un punto di ritrovo per artisti e intellettuali, dove incontrò artisti di calibro, da Warhol a Rauschenberg. Ora vi lasciamo alla lettura di questa godibilissima conversazione. Non ve ne pentirete. Non c’è una singola parola su Gianni Agnelli, garantito!

Jas Gawronski

Jas Gawronski è un giornalista e politico. Italiano, di origini polacche nasce a Vienna, nel 1936, prima dell’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania. Il padre, l’ambasciatore e principe polacco Jan Gawronski incontra la madre a Berlino, negli anni Venti: la straordinaria Luciana Frassati, scrittrice e sorella del Beato Pier Giorgio Frassati. Il nonno Alfredo Frassati direttore e proprietario de La Stampa, nel 1925 dovette lasciare tutto, obbligato dal fascismo a vendere la testata e ad abbandonare la carica di direttore. Gawronski si laurea in Giurisprudenza nel 1958 e inizia subito a lavorare come corrispondente in Europa dell’Est per il quotidiano Il Giorno e per La Gazzetta dello Sport. Dal 1962 al 1966 collabora con Enzo Biagi e Sergio Zavoli alla realizzazione di programmi giornalistici per la RAI dal Vietnam, Taiwan, India, Stati Uniti ed Europa dell’Est. Diventa poi corrispondente della RAI da New York (1966-1977) dove sostituisce Ruggero Orlando, da Parigi (1977-1979) e da Mosca e Varsavia (1979-1981).
Dal 1985 cura programmi di carattere politico e scientifico sulle Reti Fininvest, come la trasmissione Big Bang. Nel frattempo inizia a collaborare con il quotidiano La Stampa, e ne diventa, in seguito, membro del Consiglio di Amministrazione. Ha pubblicato vari libri tra cui: “Primi Piani” (1989), una raccolta di interviste con alcuni leader mondiali, “Il Mondo di Giovanni Paolo II” (1994), che contiene la prima intervista concessa da Karol Wojtyla, “Vinti e Vincitori” (1999), “A cena dal Papa e altre storie” (2015). Ha vinto il Premio Campione per un reportage su Kabul, il Microfono d’Argento per la sua attività televisiva e nel 2015 il Premio Estense di giornalismo, il Premio Capalbio e il premio Biagio Agnes alla carriera. Entra in politica nel 1981 come deputato del Partito Repubblicano Italiano al Parlamento Europeo, dove verrà rieletto per ben 5 volte. Dal ‘94 al ‘95 è portavoce del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per essere poi eletto Senatore della Repubblica dal ‘96 al ‘99. Lascia questo incarico una volta rieletto al Parlamento Europeo nel 1999. Dal gennaio del 2011 al 2015 è stato Presidente della Quadriennale di Roma.

Marco Sonsini