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Telosaes.it

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Agosto 2018, Anno X, n. 8

Walter Quattrociocchi

Il cacciatore di bufale

"Il fact-checking e il debunking (smontare le bufale fornendo le fonti) non sono efficaci perché queste informazioni vengono fruite solo da chi è già predisposto. Ogni attore del sistema cerca quello che più lo aggrada sui social media e poi filtra le informazioni alla community di cui è parte, mentre ignora tutto quello che confuta la tesi che ha già precostituito"

Telos: Cosa sono le fake news?

Walter Quattrociocchi: Fake news è un neologismo che vuole indicare il processo tramite il quale informazioni false o inaccurate vengono diffuse attraverso i canali web (i social in particolare). Sarebbe stato più corretto parlare di misinformation piuttosto che di fake news, ma ormai la vulgata è partita. Per comprendere bene il processo bisogna fare qualche premessa. Il World Economic Forum annovera tra i rischi globali, sin dal 2013, la massive digital misinformation (disinformazione digitale su larga scala). Con il mio gruppo abbiamo cominciato a studiare il fenomeno proprio in quel periodo e i risultati delle nostre ricerche hanno dato un risultato netto, direi inequivocabile. Il metodo di ricerca si è basato su un approccio fortemente quantitativo, abbiamo infatti condotto una serie di analisi su milioni di utenti Facebook. Su Internet troviamo un ambiente con una quantità sconfinata di informazioni e tendiamo a selezionare quelle che più aderiscono alla nostra visione del mondo: il confirmation bias (pregiudizio di conferma) e a circondarci di persone affini, che la pensano allo stesso modo: le cosiddette echo chamber (neologismo introdotto dalla Treccani lo scorso anno), cioè casse di risonanza.
Non importa se l'informazione sia vera o falsa, l'importante è che sia coerente con la nostra visione del mondo.
Un ambiente molto disintermediato dove il simile cerca il simile, e con esso si corrobora, intrecciato a tutta una serie di elementi che caratterizzano il nostro periodo storico, come la globalizzazione, crea un mix micidiale.

Lei ha sempre dichiarato che il fact-checking non serve a nulla. Ci spiega perché?

Il fact-checking e il debunking (smontare le bufale fornendo le fonti) non sono efficaci perché queste informazioni vengono fruite solo da chi è già predisposto. Ogni attore del sistema cerca quello che più lo aggrada sui social media e poi filtra le informazioni alla community della quale fa parte, mentre ignora tutto quello che confuta la tesi che ha già precostituito.
La scienza evolve per suo conto e per verità provvisorie e complicate che non è in grado sempre di spiegare fino in fondo. Proliferano le risposte ad ogni quesito e ognuno sceglie la sua creando di fatto una segregazione in clan che condividono narrative.
Un esempio? Quella che dà la colpa alle fake news del riaccendersi del populismo e dell'antagonismo all'élite.

Curare quindi non serve. Ma prevenire forse sì. Ci spiega meglio?

In un recente studio abbiamo cercato di capire come la polarizzazione sia un driver per le fake news. Come dicevo, sui social la tendenza è quella di acquisire informazioni che rafforzano e danno credito alla propria visione del mondo e ad ignorare tutte le informazioni a contrasto. Questo fenomeno moltiplica la segregazione in gruppi di persone attorno a narrazioni condivise. Quindi siamo partiti dall'ipotesi: è possibile che argomenti fortemente polarizzanti siano argomenti di fake news? E in quel caso, è possibile prevedere quali sono gli argomenti potenzialmente piu soggetti a diventare un tema polarizzante?
Lo abbiamo fatto e i risultati sono stati molto incoraggianti. Questo nuovo set di algoritmi che abbiamo creato permette di filtrare e creare degli alert sulle discussioni che potrebbero generare cascate virali intorno a notizie false e fuorvianti. Un modello di analisi del comportamento delle persone sui social media che consente quindi di individuare in anticipo gli argomenti con maggiori probabilità di diventare oggetto di fake news.

Nel 2016 siamo entrati ufficialmente nell'era della post-verita. Ingresso codificato dall'Oxford Dictionary quando ha inserito nel suo lemmario il termine post-truth come parola dell'anno. Un neologismo che descrive qualcosa di antico?

L'essere umano è sempre stato irrazionale. Il cervello ha sempre elaborato per approssimazioni e bias (pregiudizio). Riscoprire questa cosa nel 2016 la dice lunga su alcuni postulati. Post-truth forse è solo l'emergere dell'essere umano nella sua più totale e profonda esigenza di emanciparsi dalla dipendenza dagli altri, dagli intermediari. Adesso che tutta la conoscenza dell'umanità è a portata di click vogliamo esercitare il nostro diritto di scegliere liberamente. Un tentativo di emanciparci da noi stessi che, senza l'accettazione dei limiti dell'essere umano, porta inevitabilmente a creare nuovi miti e nuovi dei. Internet nel bene e nel male è innegabilmente la massima espressione della democrazia. Acclamato per la Primavera araba, bastonato per Trump e Brexit.
Quasi un modo per negare un cambiamento che ormai è già avvenuto e dal quale non si torna indietro. Una vera corrente riformista farebbe meglio ad adeguarsi e ad imbrigliarlo, perché viviamo in un mondo e in una società che cambiano a velocità siderali.
L'élite che dovrebbe agire, forse per paura, si è arroccata in posizioni estremiste e antiquate. Posizioni con paletti talmente stretti che ad un certo punto la realtà ha smesso di starci dentro. Il processo è stato sempre lì. Progresso tecnologico e incapacità di gestirlo, globalizzazione e poteri dei governi limitati alla scala nazionale. Incertezza e complessità, unita all'incapacità di raccontarla. Personalismi portati avanti contro qualunque obiezione.
Non adeguarsi è fatale. Forse c'è bisogno di cominciare a ricostruire i ponti iniziando con un briciolo di umiltà.

Un'ultima domanda. Le fake news sono state tirate in ballo, a partire dal New York Times, come possibile elemento di disturbo, anche esterno, nelle recenti elezioni politiche. Dal vostro osservatorio di Ca' Foscari avete rilevato qualcosa o è stata anche questa una fake news?

Su questo stiamo lavorando ad un report dedicato e non posso rilasciare informazioni. Diciamo che il fenomeno è stato abbastanza ingigantito.

Marco Sonsini

Editoriale

Post-verità. La convinzione che non sono più i fatti, né il tentativo di rappresentare la realtà a contare, ma conta solo la narrazione che più ci aggrada. Un surrogato dei fatti creduto autentico da molti perché collima con preconcetti ben consolidati, il buon vecchio gusto nel sentirci dire quello che vogliamo sentirci dire, purché appaia verosimile ai nostri occhi. Ancor di più oggi considerare credibili solo le informazioni che confermano la concezione del mondo che già abbiamo, sembra essere un fatto. Tutta colpa di Internet? No, afferma Walter Quattrociocchi, è qualcosa di molto più antico. Certo, con il web può trovare praterie da percorrere, qui le fake news vengono sapientemente mescolate con i fatti, in modo da renderle verosimili, un ottimo metodo per oliarne la circolazione e colpire chi, in fondo, o nemmeno troppo in fondo, già sospettava che le cose stessero così. Quattrociocchi, informatico, ricercatore prima dell’IMT School for Advanced Studies di Lucca, oggi all’Università Ca’ Foscari di Venezia, esperto in Scienze cognitive, naviga da anni nel mare burrascoso della post-verità. La notizia bomba che lancia, anzi rilancia, nell’intervista a PRIMOPIANOSCALAc, è che il confirmation bias (pregiudizio di conferma) è molto più potente del fact checking (controllo dei fatti). E continua dicendo che il debunking (tentativo di smontare una bufala), crea spesso un effetto di back fire. Cioè? Posto davanti alla negazione di quello che si è convinti che sia vero, il pensiero paranoide si struttura ancora di più. E si arriva quasi sempre alla conclusione che chi ha cercato di negare le nostre convinzioni, per farlo abbia manipolato le informazioni. Un circolo vizioso nel quale posizioni contrapposte si rinfacciano continuamente di sparare balle e risultano impermeabili alle obiezioni dell’altro. Beh, nonostante i numerosi tecnicismi socio-informatici, e parole straniere, l’analisi di Quattrociocchi è molto chiara. Ma possiamo difenderci? Il quotidiano britannico Guardian suggerisce di provare il gioco online Bad News, creato da ricercatori di Cambridge e da un collettivo di media olandesi per ‘aiutare a capire il processo di creazione di notizie false’ e ‘le tattiche usate per diffondere la propaganda online, per fini politici o finanziari’. Perché, ribadiscono i ricercatori, il concetto che tutti dobbiamo assorbire è che ‘le fake news sono come la droga, e vanno combattute con corsi e prevenzione, per aiutare a sviluppare gli anticorpi mentali’.
A volte però si tratta solo di burle, e su queste bisognerebbe farsi solo una risata. Un esempio calzante è quello della notizia del modulo dell’Inps per richiedere il reddito di cittadinanza proposto dai 5 Stelle. Il modulo a prima vista sembrava reale, ma in realtà ad una lettura, nemmeno troppo attenta, erano numerosi gli elementi satirici presenti nell’immagine che svelavano la burla: basta leggere nell’intestazione ‘Modello NTGF/01 nun tengo genio e faticà’. Scherzo o non scherzo, questo episodio ha alimentato divisioni, odio e dietrologie.
Un piccolo proposito per le vacanze? Seguire il consiglio di Nicholas Carr, che si è occupato della stupidità indotta dal web, ‘ognuno di noi dovrebbe trascorrere più tempo nella concentrazione, adottando un’abitudine mentale che favorisca la calma e la riflessione’. Con questo numero di agosto, anticipato dalla sua naturale pubblicazione di fine mese, Telos vi augura buone vacanze. Un pizzico meno connesse del solito.

Mariella Palazzolo

Walter Quattrociocchi

Walter Quattrociocchi è Coordinatore del Laboratorio di Data science e Complexity dell'Universita Ca' Foscari di Venezia. È stato coordinatore del CSSLab, presso l'IMT - School for Advanced Studies di Lucca. Le sue aree di interesse includono la Scienza dei Dati, le Scienze cognitive e lo studio dei processi dinamici nei network complessi. Le sue ricerche si focalizzano sulla caratterizzazione quantitativa delle dinamiche sociali, dalle opinioni alla diffusione delle informazioni, con particolare riguardo a nascita, fruizione, diffusione delle narrazioni in rete (teorie del complotto e informazioni false) e contagio sociale. I risultati dei suoi studi sul dilagare della disinformazione (misinformation) sono stati utilizzati per la redazione del Global Risk Report del World Economic Forum (2016 and 2017) e vengono spesso ripresi dalla stampa nazionale ed internazionale (The Economist, The Guardian, Washington Posts, New Scientist, Bloomberg, Salon, Poynter, New York Times). Nel 2017 ha coordinato la Tavola rotonda di esperti sulle fake news per l'ex Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. La lista completa delle sue ricerche è pubblicata qui.

È autore di Blog Italia, ma potete trovarlo anche su Twitter @Walter4C e su Facebook, Walter Quattrociocchi.

Quattrociocchi è nato a Roma e ha 38 anni.

Marco Sonsini