Questo sito prevede l‘utilizzo di cookie. Continuando a navigare si considera accettato il loro utilizzo. Ulteriori informazioniOK
Vai al contenuto

Telosaes.it

Direttore responsabile:
Maria Palazzolo

Editore: Telos A&S srl
Via del Plebiscito, 107
00186 Roma

Reg.: Trib. di Roma 295/2009 del 18 settembre 2009

Diffusione: protocolli
Internet - Isp: Eurologon srl

A member of the Fipra Network
Socio Corporate di American Chamber of Commerce in Italy

SocialTelos

Novembre 2017, Anno IX, n. 11

Alessandro Perego

Fare i conti con l'Industria 4.0

Il tema è entrato a pieno titolo nel dibattito pubblico e la politica, anche se non fosse in grado di valutarne la portata, sarà obbligata a 'farci i conti'. Industria 4.0 - o Impresa 4.0 - è il programma per ridare competitività all’industria italiana e all’ecosistema dei servizi che vi ruota intorno (50% del PIL).

Telos: Ci spiega cosa è l’Industria 4.0?

Alessandro Perego: L’espressione Industria 4.0 esprime una visione del futuro secondo cui, grazie alle tecnologie digitali, le imprese industriali e manifatturiere aumenteranno la propria competitività ed efficienza tramite l'interconnessione e la cooperazione delle proprie risorse (impianti, persone, informazioni), sia interne alla Fabbrica sia distribuite lungo la catena del valore. L’Industria 4.0 si concretizza nell’adozione di alcune tecnologie digitali innovative, che chiameremo Smart Manufacturing Technologies, che si possono ricondurre a due grandi insiemi: il primo, più coeso e vicino all’Information Technology (IT), che include Industrial Internet (of Things), Industrial Analytics e Cloud Manufacturing; il secondo, più eterogeneo e vicino allo strato delle Operational Technologies (OT), rappresentato da Advanced Automation, Advanced Human Machine Interface ed Additive Manufacturing. Pur nella loro eterogeneità, queste tecnologie hanno un fondamentale tratto comune: quello di abilitare una forte interconnessione tra le risorse utilizzate nei processi operativi. Nel futuro immaginato dall’Industria 4.0, dunque, gli impianti, i lavoratori, i materiali in input e i prodotti finiti saranno dotati di sensori che li identificano e ne rilevano costantemente posizione, stato e attività; i dati raccolti saranno analizzati per migliorare la capacità produttiva, l’efficienza, la sicurezza e la continuità operativa; gli operatori verranno facilitati nelle loro mansioni grazie a robot collaborativi e a nuove interfacce uomo-macchina che ne potenzieranno sia la capacità esecutiva sia quella decisionale. Infine, tutta la fabbrica sarà connessa al resto del sistema logistico-produttivo e ai clienti tramite piattaforme cloud e i dati relativi all’utilizzo dei prodotti saranno utilizzati per facilitare l’assistenza post-vendita, lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, oltre che per aprire a nuovi modelli di business.

Nel 2016, aveva commentato che il Piano Industria 4.0 “ci farà recuperare il ritardo, ma va monitorato”. Ad un anno di distanza, qual è il Suo giudizio?

Il Piano era caratterizzato da due direttrici chiave: gli investimenti innovativi e lo sviluppo delle competenze. La prima direttrice mirava ad incentivare gli investimenti per rinnovare il parco tecnologico: l’obiettivo era ammodernare i processi produttivi ed introdurre quell’aspetto di digitalizzazione e di interconnessione che è una delle cause della continua perdita di produttività nei confronti dei nostri competitor. Tale direttrice era caratterizzata, principalmente, dalla proroga del superammortamento (140%), dall’introduzione dell’iperammortamento (250%) sui beni strumentali e da un potenziamento significativo del credito d’imposta alla R&S. Direi che questo primo obiettivo è stato ampiamente centrato, basti pensare che il solo valore dei progetti Industria 4.0 - la punta dell’iceberg rispetto ai più ampi investimenti in capitale fisso - è stato pari a 1,7 mld di euro nel 2016 (+25%) e che il 2017 sta esprimendo una crescita ancora superiore.
La seconda direttrice prevedeva lo sviluppo e l’aggiornamento del capitale umano, così da creare un contesto lavorativo, sia sotto il punto di vista sociale che organizzativo, idoneo a supportare la completa evoluzione e trasformazione digitale all’interno dei confini nazionali. Per tale motivo il Piano prevedeva la diffusione di una cultura 4.0 lungo l’intero ciclo formativo, dalla scuola all’università, dagli istituti tecnici superiori ai corsi di dottorato. Infine era prevista la creazione di specifici Competence Center nazionali. Questo nell’intenzione di condurre, con il forte supporto dei poli universitari e player nazionali, progetti innovativi e di sviluppo tecnologico, di supportare la sperimentazione e la produzione di nuove tecnologie 4.0 nel tessuto di PMI e di effettuare una attività di formazione e di creazione dell’awareness sulle nuove tecnologie manifatturiere e digitali.
Questo secondo obiettivo non è invece stato colto e costituisce proprio la principale area di lavoro per il 2018.

Gli effetti dell’Industria 4.0 sul mercato del lavoro sono a tutt’oggi incerti: quali misure bisognerebbe adottare per favorire una conversione indolore delle competenze?

Non ci sono scorciatoie. La strada maestra per convertire le competenze passa da studio e formazione (dal “sudore”). A tutti i livelli. D’altra parte è evidente che le nuove tecnologie sono una enorme opportunità di sviluppo della società e al contempo una minaccia se dovesse aumentare il divario tra chi le conosce e le sa utilizzare e tutti quelli che dovessero “subirle”, siano essi imprenditori, lavoratori, utenti, nazioni stesse. In altre parole, le tecnologie vanno conosciute in profondità e in tutte le loro implicazioni, sia nelle opportunità che nei rischi. Educazione e formazione nella scuola di tutti i gradi, dalle elementari all’università. Non sulle tecnologie in sé - che evolvono ad una velocità senza precedenti - ma sui principi e modelli che stanno dietro le tecnologie, la vera base della conoscenza. Con un ‘nota bene’. Si dice spesso che in Italia vi è una divaricazione importante tra istruzione e lavoro. Forse è vero, ma dipende solo dal mondo dell’istruzione? Il mondo del lavoro tende erroneamente a mio avviso a richiedere persone già pronte per il lavoro (plug&play) mentre invece dovrebbe richiedere persone con basi solide, capaci di imparare, a cui insegnare a lavorare per tutta la loro vita lavorativa (ready to learn).

Sta per partire la campagna elettorale per le politiche del 2018. Cosa Le piacerebbe trovare di concreto nei programmi elettorali? Si aspetta qualcosa o pensa che sia un argomento ancora lontano dalla nostra politica?

Il tema è entrato a pieno titolo nel dibattito pubblico e la politica, anche se non fosse autonomamente in grado di valutarne la portata, sarà obbligata a “farci i conti”. Industria 4.0 - o Impresa 4.0 come recentemente riformulato - è di fatto il programma per ridare competitività all’industria italiana e all’ecosistema dei servizi che vi ruota intorno (50% del PIL).
Nella Legge di Bilancio e poi nei programmi elettorali prossimi venturi mi aspetto di trovare conferma delle misure di incentivo agli investimenti - che hanno già dimostrato la loro efficacia ma che devono potersi dipanare nel tempo - arricchiti con misure decisamente più efficaci sul lato formazione e competenze (il famoso Lavoro 4.0).
Suggerisco poi che ci si muova in modo più deciso in due direzioni a mio avviso sostanziali. Primo, la riduzione delle tasse sul lavoro in modo da favorire gli investimenti in capitale umano. Secondo, favorire tutte quelle iniziative che aumentino la capacità di affrontare l’innovazione Industria 4.0 in un contesto europeo e non solo italiano - come ad esempio i tavoli di lavoro trilaterali Italia-Francia-Germania recentemente istituiti - in quanto la competizione si gioca tra ecosistemi a livello globale.

Marco Sonsini

Editoriale

Siamo arrivati alla quarta e ancora non abbiamo assorbito la terza. Quarta cosa? Rivoluzione industriale ovviamente. Una diversa dall’altra, ma nate tutte da una svolta tecnologica (vapore, elettricità, informatica), e con in comune un risultato: una trasformazione radicale del mondo del lavoro e lo stravolgimento delle strutture sociali. Ma oggi non si chiama più rivoluzione industriale, ma Fabbrica 4.0, o Industria 4.0, o meglio ancora, come ci suggerisce il nostro intervistato di novembre, il prof. Alessandro Perego, Impresa 4.0. Perego, professore di Gestione dei Sistemi Logistici e Produttivi e Logistics Management al Politecnico di Milano è uno dei massimi esperti italiani in questo campo. Impresa 4.0 è uno di quegli argomenti, come Bitcoin, o Blockchain, dei quali, quando se ne parla tutti annuiscono come se sapessero perfettamente di cosa si tratta, ma in fondo in fondo non lo sanno per nulla. Quindi Primo Piano Scala c si è preso la briga di chiederlo a chi invece lo sa benissimo, e lo sa pure spiegare per i poveri. Con il prof. Perego abbiamo affrontato 4 punti: cosa è; come siamo messi in Italia; che impatto avrà sul mondo del lavoro; cosa chiederebbe alla politica di fare. La parola chiave è connessione, sia tra impianti, persone, informazioni all’interno di un’impresa, che verso l’esterno. Questo permetterà, ci dice Perego, di aumentare competitività e efficienza, ma anche di sviluppare nuovi prodotti e servizi, e aprire possibilità di business. Attenzione, non si tratta di semplice automazione, quella c’era già, ma di incrociare le tecnologie produttive tipiche della fabbrica con quelle dell’informazione che ci arrivano dal mondo del consumo. Le Istituzioni italiane, anzi il Ministero dello Sviluppo Economico, hanno cominciato a pensare al Piano Industria 4.0 solo nel 2016, ma con obiettivi puntuali, che a dire di Perego hanno avuto un buon impatto per gli investimenti in innovazione delle imprese italiane, mentre sull’altro asse portante, cioè quello dello sviluppo delle competenze, molto poco si è fatto. Eppure questo sarà un cambiamento epocale destinato a rivoluzionare il mondo del lavoro, e che non riguarderà solo la fabbrica ma che toccherà pure attività impiegatizie e colletti bianchi. Alcuni numeri sono impressionanti, tanto da aver spinto l’ultimo Forum di Davos a concentrarsi su due domande ‘Come prepararsi alle sfide che la transizione al digitale sta aprendo nel mondo del lavoro? Come mitigare le minacce delle tecnologie e garantire l’inclusione nella società?’. I numeri, dello studio The Future of Jobs del World Economic Forum, ci parlano della perdita di cinque milioni di posti di lavoro entro il 2020 in 15 grandi Paesi. Siamo quindi indietro nel sostegno alla formazione e all'educazione, il famoso sudore, come lo chiama Perego, indispensabile alla riqualificazione della forza lavoro. Eppure qualcun altro lo ha capito da tempo. Se guardiamo il piano Germany.Industrie 4.0, pensato qualche annetto prima, il Ministero capofila è quello dell’Istruzione, mentre da noi è ben terzo. Dopo quello del lavoro è l’obiezione che ci aspettiamo. Ma se, come dice Perego, non si incentivano le imprese ad investire in formazione e non si fanno nascere centri di competenza all’interno delle università, non si inizia a formare sin dalle elementari, ci troveremo non solo con il problema della riqualificazione della forza lavoro esistente, ma anche con l’impreparazione della nuova. E cosa chiede Perego alla politica? Si augura di trovare ‘conferma delle misure di incentivo agli investimenti (…) arricchite con misure decisamente più efficaci sul lato formazione e competenze (il famoso Lavoro 4.0)’. Possiamo dargli una buona notizia, se da un lato non tutti gli incentivi al Piano Nazionale Impresa 4.0 sono stati confermati, nuovi fondi sono stati previsti per la formazione: il credito d'imposta per la formazione 4.0 arriva al 40% (250 milioni di euro) e sono state stanziate ulteriori risorse per lo sviluppo degli istituti tecnici superiori (35 milioni). Non è molto, ma almeno è qualcosa. Basta che ora siano spesi bene.

Mariella Palazzolo

Alessandro Perego

Alessandro Perego è professore ordinario di Gestione dei Sistemi Logistici e Produttivi e Logistics Management nel Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano, dove ricopre anche il ruolo di Direttore Vicario del Dipartimento. Sempre all’interno del Politecnico dirige l’IoT Lab e ha l’incarico di Direttore Scientifico della Digital Innovation Academy. Un vero figlio del Politecnico di Milano, dove si laurea nel 1994, e dove cresce accademicamente, con una piccola digressione bresciana, dal 1996 al 2001. Le sue attività di ricerca si sono sviluppate secondo due percorsi principali: la progettazione e gestione dei sistemi logistici e il ruolo delle tecnologie ICT nella logistica e nel Supply Chain Management.
Autore e co-autore di oltre 100 pubblicazioni sui temi dell'innovazione Digital-based e della progettazione e gestione dei sistemi logistici e produttivi, che comprendono sia articoli su riviste internazionali (ad esempio: International Journal of Production Research, International Journal of Project Management, Journal of Cleaner Production, International Journal of Physical Distribution and Logistics Management, Supply Chain Management, International Journal of Production Economics, Food Policy, International Journal of Operations & Production Management) e in congressi italiani ed internazionali. “Referee” per diverse riviste internazionali.
È milanese, ha 48 anni, sposato con due figli. Le sue passioni? ‘Banali,’ - ci risponde - ‘calcio, corsa, lettura, montagna’. E non dimentichiamo l’impegno civile. Perego è Membro Fondatore e Membro del CdA della Fondazione Banco Alimentare. Di banale c’è ben poco.

Marco Sonsini