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Agosto 2021, Anno XIII, n. 8

Giuseppe Falcomatà

Il Sindaco Scrittore

"Ho scritto due romanzi e ne sto preparando un terzo. Per me scrivere è terapeutico e ho la fortuna di trovare degli editori pazzi che hanno il coraggio di pubblicarmeli."

Telos: Ogni volta che si parla dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, viene utilizzata l’espressione, suggestiva, di Sindaco d’Italia. Ma allora è vero che un Sindaco ha, nell’amministrare la propria città, più potere di quanto non ne abbia oggi il Presidente del Consiglio?

Giuseppe Falcomatà: Purtroppo non è proprio così. Si è vero, i sindaci sono diventati in questi anni un modello molto in voga, ma oggi sono anche l’avamposto nella gestione dei problemi del Paese, delle frustrazioni e delle difficoltà dei cittadini soprattutto nel periodo storico più critico che l’Italia abbia mai conosciuto e vissuto dal dopoguerra in poi. I sindaci hanno sempre più responsabilità e nessuna tutela rispetto a situazioni spesso delicate e complesse. Se di potere si deve parlare, quello che invocano i sindaci è, ad esempio, avere maggior peso nelle scelte che attengono ai fondi del PNRR e del Recovery Fund. Serve un protagonismo orizzontale di condivisione delle proposte e allo stesso tempo un monitoraggio delle attività, per chiamare tutti a una responsabilità comune. Soltanto tenendo conto della prossimità e della voce dei territori si potranno portare avanti progetti, infrastrutture e servizi che potranno davvero cambiare il volto delle nostre città ed il futuro prossimo del nostro Paese.

La crisi del sistema dei partiti è stata molto probabilmente l’origine del diffuso sentimento anti-politico. Eppure questo distacco tra cittadini e la politica è molto meno forte quando si parla del Sindaco. Riscontra ancora passione politica tra i Suoi cittadini?

Credo che i cittadini abbiano una grande voglia di partecipare, quello a cui sono diventati allergici nel tempo è la politica autoreferenziale, che ragiona solo di sé stessa. Nella nostra città, ogni giorno, nascono comitati per la tutela di un bene pubblico o manifestazioni spontanee di persone che hanno a cuore le sorti del proprio quartiere. Spunti critici indispensabili anche per un’amministrazione quotidianamente impegnata a migliorarsi e crescere. È un impegno ammirevole, non v’è dubbio, che, oggi sfocia nel civismo e non più all’interno dei partiti devastati a volte da scandali, in altri casi da riforme elettorali capaci di svuotarne l’azione propulsiva sui territori, in altri ancora da una personalizzazione esasperata della proposta politica. Il punto è che i cittadini dei sindaci si fidano, perché li trovano a portata di mano, perché sono Istituzioni che stanno sul territorio, dentro i problemi. Ed è per questo che a livello territoriale il distacco dell’antipolitica si sente molto meno.

Il 7 luglio scorso si è tenuta a Roma la ‘Manifestazione per difendere la dignità dei Sindaci’, che ha visto la partecipazione di un foltissimo numero di primi cittadini, Lei compreso. Ci spiega i motivi di questa protesta e quali sono le istanze messe sul tavolo del Governo?

Come ANCI, a più riprese, abbiamo chiesto maggiori tutele per gli amministratori che, spesso e volentieri, diventano bersaglio di ingiustizie eclatanti. Il sindaco spesso è un uomo solo che, nella solitudine, deve lavorare per garantire il bene di una comunità.
A Roma, insieme ai miei colleghi, abbiamo chiesto rispetto dopo le vicende di Torino e Crema, ma potrei citare decine di gravi episodi di questo genere, dove i sindaci sono stati condannati per circostanze completamente estranee al loro mandato. Non vogliamo impunità, non chiediamo di porci al di sopra delle regole, ma che venga rispettato il principio della responsabilità individuale e personale, e soprattutto che sia data dignità alla figura del sindaco attraverso strumenti normativi che gli consentano di lavorare serenamente, senza rischiare ogni momento di pagare personalmente per responsabilità che non ha. Da troppo tempo in questo Paese si gioca al tiro al bersaglio nei confronti dei Sindaci, che sono parafulmine di tutti i problemi e primo avamposto per tutte le aspettative della cittadinanza. Una riforma, in questo senso, del TUEL (ndr Testo Unico degli Enti Locali) non è più rinviabile.

Questo è il Suo secondo mandato come Sindaco di Reggio Calabria, una città tanto bella quanto difficile. Non dimentichiamo che nel 2014 lei fu eletto dopo due anni di commissariamento dell'amministrazione comunale per infiltrazioni mafiose. Quali sono i nodi principali ancora da risolvere nell’amministrazione della Sua Città? Ma anche gli obiettivi raggiunti in questi anni?

Gli anni del Commissariamento sono stati particolarmente drammatici per i cittadini di Reggio Calabria. Il Comune era sull’orlo del dissesto finanziario ed ogni giorno una bomba sociale era pronta ad esplodere. Noi abbiamo raccolto un’Amministrazione dove i servizi erano stati azzerati, le tasse portate alle stelle in virtù di un Piano di Riequilibrio lacrime e sangue, con la crisi delle società miste ed il conseguente rischio di perdita di migliaia di posti di lavoro. Non v’era settimana nelle quale persino i dipendenti comunali scendevano in piazza a protestare. Tempi bui dai quali è stato difficile riemergere. Con pazienza, responsabilità ed un forte impegno siamo riusciti a rimettere la barca sulla rotta giusta. Siamo usciti in anticipo dal Piano di rientro, evitando il default, ed abbiamo salvato i lavoratori con l’istituzione di società in house; abbiamo avviato una campagna incisiva di eliminazione del precariato nella pubblica amministrazione stabilizzando centinaia di LSU (ndr Lavoratori Socialmente Utili); abbiamo avuto una grandissima capacità di gestione e spesa dei Fondi Europei classificandoci ai primi posti, in Italia, per ciò che concerne la rendicontazione. Pur non potendo attingere un solo euro dal bilancio ordinario del Comune, abbiamo aperto tre asili nido e ci siamo imposti nelle più importanti battaglie nazionali per l’abbattimento del criterio della spesa storica nella ripartizione delle risorse statali. Ce l’abbiamo fatta da soli e non dobbiamo dire grazie a nessuno se, oggi, approviamo i Piani di Zona per il sociale capaci di ridisegnare il welfare cittadino o se la società di trasporto pubblico locale, salvata dall’incubo del fallimento, può vantare il parco mezzi più moderno del Paese e tornare ad assumere nuove ed importanti professionalità. Inauguriamo opere pubbliche fantastiche come il Waterfront, la riqualificazione di importanti piazze della Città, il nuovo Parco Lineare Sud, gli impianti sportivi e poi, ciliegina sulla torta, il Museo del Mare di Zaha Hadid rientra fra le 14 opere strategiche indispensabili a rilanciare l’economia italiana dopo la pandemia.
Dopo l’onta dello scioglimento per mafia, siamo stati in grado di recuperare credibilità all’interno dei Palazzi del Governo che, adesso, promuovono a pieni voti i nostri progetti ed investono sul territorio. Ultimi, in ordine di tempo, i 45 milioni di euro finanziati all’interno del programma “Qualità dell’abitare”, indispensabili a stravolgere in positivo tre quartieri periferici della città. Insomma, Reggio è una Città che guarda con speranza ad un futuro migliore e che, con i fondi del PNRR e del Recovery Fund, ha davanti una nuova, forse l’ultima, sfida per il proprio rilancio definitivo. Restano i problemi, uno su tutti la crisi del ciclo integrato dei rifiuti, e su quello stiamo lavorando intensamente per affrancare il territorio da una difficoltà endemica dovuta ad inefficienze decennali che hanno messo in ginocchio l’intero sistema regionale di raccolta e smaltimento della spazzatura.

Marco Sonsini

Editoriale

Con questo numero di PRIMOPIANOSCALAc torniamo ad intervistare un Sindaco, uno di quelli speciali. Speciale perché? Al suo secondo mandato, giovane, anche per standard non italiani, professionista, scrittore e figlio d’arte. Parliamo del Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, una chiara eccezione a quella che, da qualche anno, sembra essere la regola: Sindaco, il mestiere più bello del mondo che nessuno vuole più fare, ma che allo stesso tempo l’allora Sindaco di Milano Gabriele Albertini definì “un sequestro di persona consenziente”.
Oggi sembrano lontanissimi i tempi di Walter Veltroni, Francesco Rutelli, Antonio Bassolino o Matteo Renzi, quando guidare una grande città veniva considerato il primo trampolino di lancio verso la politica nazionale. Eppure per un giovane che ama la politica l’esperienza nella cosa pubblica locale rimane importante: avere fatto il Consigliere comunale, per non parlare dell’Assessore comunale, è un’esperienza a tutto tondo, che ti permette di capire come funzionano le istituzioni. Ma oggi è il rischio che la fa da padrone. Rischio penale ad esempio, quello di rispondere per qualsiasi cosa accada nel tuo comune, che unito alle immense responsabilità fa pensare due volte prima di accettare una candidatura. E i candidati di qualità latitano. Proprio per questo lo scorso 7 luglio si è tenuta a Roma un’affollatissima manifestazione di Sindaci. “Abbiamo chiesto maggiori tutele per gli amministratori che, spesso e volentieri, diventano bersaglio di ingiustizie eclatanti. Il Sindaco spesso è un uomo solo che, nella solitudine, deve lavorare per garantire il bene di una comunità”, sostiene Falcomatà, al quale fa eco la dichiarazione, resa in quel giorno da Mattia Palazzi, Sindaco di Mantova, "forse siamo tutti pazzi perché amiamo le nostre città, ma anche troppo responsabili e adesso ci siamo stancati di fare gli eroi. Vogliamo solo fare il nostro lavoro".
Falcomatà, pazzo di amore per Reggio Calabria lo è di sicuro. Tanto da candidarsi a Sindaco, per il primo mandato, quando la città era reduce da due anni di commissariamento per mafia, anni che definisce “drammatici”. Ha rimesso Reggio in piedi, ed è stato tanto apprezzato da essere stato rieletto al mandato successivo senza problemi. Una volta si diceva che il Sindaco in carica partisse già con un 5% di voti sicuri, era favorito. Poi, come sostengono alcuni analisti politici, dal 2011 al 2017, è avvenuto l'opposto e ripresentarsi dopo cinque anni era considerato quasi un handicap. Dal 2018 in poi, ci sono segnali di un ritorno della forza degli uscenti, ma solo di quelli che hanno ben amministrato. Falcomatà è uno di questi.
Altra eccezione di agosto è l’occhiello della nostra intervista. Per la prima volta non è una citazione tratta dalle risposte che Falcomatà ha dato alle nostre domande, ma ad una di quelle che ci ha dato quando gli abbiamo chiesto qualcosa di personale da aggiungere al profilo. E dalla sua risposta ha tratto ispirazione anche il titolo: il Sindaco Scrittore. La copertina del mese di agosto di PRIMOPIANOSCALAc è una pagina bianca strappata dalla quale si intravede uno stralcio dell'intervista in italiano e inglese, popolata da un insetto che guarda verso il testo. A Falcomatà abbiamo dedicato lo, straordinariamente bello, insetto foglia -Extatosoma tiaratum- così chiamato per la sua somiglianza con le foglie che gli permette di mimetizzarsi facilmente. La livrea è di colore verde vivace, e ha persino alcuni rilievi centrali del corpo che richiamano le nervature delle foglie. Molto spesso bascula leggermente a sinistra e a destra imitando i classici movimenti delle foglie al vento.

Giuseppe Falcomatà

Giuseppe Falcomatà è il Sindaco di Reggio Calabria, eletto per la prima volta nel 2014 e riconfermato nel 2020 con una coalizione di centro-sinistra. Nel 2011 entra a far parte del Consiglio Comunale, ed è Capogruppo del Partito Democratico. Dal 2002 è membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione intitolata al padre, Italo Falcomatà, che fu Sindaco di Reggio Calabria dal 1993 al 2001, durante gli anni della cd. Primavera di Reggio.
Falcomatà è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria e nel 2008 ha perfezionato gli studi presso la Scuola di specializzazione in studi sull'amministrazione pubblica (SPISA) di Bologna. Dal 2010 esercita la professione di avvocato.
Nel 2012 ha pubblicato il suo primo romanzo, La vendetta immobile e nel 2014 il secondo, Un passo alla Svolta. Ne sta preparando un terzo, e commenta così il suo impegno nella scrittura: “Per me scrivere è terapeutico e ho la fortuna di trovare degli editori pazzi che hanno il coraggio di pubblicarmeli ”.
È un appassionato di sport: “Amo il calcio. Ho giocato 20 anni fra i dilettanti (un difensore con piedi storti ma con grandi polmoni) e adesso continuo con gli amici e durante le partite di beneficienza. Tifo Reggina e Viola, la nostra gloriosa squadra di basket”.
I suoi hobby non finiscono qui: “Ogni Natale faccio il presepe di sughero e polistirene. Una passione che mi ha trasmesso papà, anche se lui lo faceva di cartapesta”.
Falcomatà ha 38 anni ed è sposato con Giovanna Monorchio, con la quale ha due figli: Italo e Marco.

Marco Sonsini