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Ottobre 2022, Anno XIV, n. 10

Dionísio Cumbà

Ministro a patto che…

La sera stessa, ho ricevuto un’ennesima telefonata dal Primo Ministro Nabiam, al quale ho riferito l’unica, ma importante condizione per accettare la nomina a Ministro, cioè quella di poter continuare ad esercitare la mia professione di chirurgo pediatrico. Nel mio Paese non c’è, purtroppo, un’altra figura con la mia formazione e i bambini non potevano essere abbandonati.

Telos: Com’è diventato Ministro della Salute della Guinea-Bissau?

Dionísio Cumbà: Accettare l’incarico di Ministro della Salute del mio Paese non è stata una decisione facile. Sono l’unico chirurgo pediatra in Guinea-Bissau, ed ho sempre preferito concentrarmi nell’assistenza ai bambini piuttosto che occuparmi di politica, anche se quella sanitaria. Al terzo tentativo mi hanno convinto. Le racconto brevemente come è andata. Nel 2021, dopo 11 anni di attività continuativa come chirurgo pediatra nell’ospedale di Sao Josè em Bor, ero tornato in Italia con l’intenzione di restare per circa due anni con la mia famiglia. Il 15 aprile avevo definito un contratto di collaborazione con l’Ospedale di Bergamo e la sera di domenica 18, ho ricevuto la chiamata del Primo Ministro del mio Paese che mi proponeva di guidare il Ministero. La mia reazione a caldo è stata un secco “no, grazie”. Nuno Nabiam mi ha trattenuto al telefono per più di 30 minuti, e non ha desistito facilmente.  Il giorno dopo, sicuramente spinti da lui, si sono fatti vivi sia il Ministro dei Trasporti che il Sottosegretario alla Sicurezza, entrambi membri di rilievo del suo partito, l'Assemblea del Popolo Unito. Conversazioni molto lunghe e articolate. La sera stessa, ho ricevuto un’ennesima telefonata dal Primo Ministro Nabiam, al quale ho riferito l’unica, ma importante condizione per accettare la nomina a Ministro cioè quella di poter continuare ad esercitare la mia professione di chirurgo pediatrico. Nel mio Paese non c’è, purtroppo, un’altra figura con la mia formazione e i bambini non potevano essere abbandonati. La mia condizione fu accettata di buon grado, e Nabian aggiunse che avrei ricevuto tutto il sostegno possibile per migliorare il sistema sanitario in Guinea-Bissau. Non mi lasciò altra scelta e il 3 maggio ho giurato davanti al Presidente della Repubblica, Umaro Sissoco Embaló.

Nominato nel 2021, in quale situazione si trova il sistema sanitario e come intende riformarlo?

Farei un passo indietro. Avevo appena completato la mia specializzazione in chirurgia pediatrica in Italia ed ero tornato per qualche giorno nel mio villaggio, Jugudul, a 55 km dalla capitale.  Il mio futuro prossimo era già deciso: breve sosta in Italia poi partenza per Londra, dove mi aspettava un incarico di un certo rilievo. Stavo per ripartire quando un mio collega pediatra da Bissau mi chiama e mi descrive il caso di una bambina di 15 giorni di vita arrivata in ospedale e con addome disteso con sospetta occlusione intestinale. Parto dal villaggio, arrivo in ospedale, visito la bambina e capisco che aveva bisogno di una colostomia d’urgenza. Non solo non c'era nessun chirurgo in grado di eseguire questa operazione -il mio collega mi confessò che i bambini con diagnosi di questo tipo solitamente si aggravavano fino a morire- ma non c’era nessun anestesista pediatrico, né una sala operatoria attrezzata per intervenire su una bimba così piccola. In un vero e proprio peregrinare, in taxi -non c’erano autoambulanze nel Paese-  e con la bimba in braccio, visitammo due ospedali nei quali non c’erano nemmeno le condizioni minime per l’intervento. Arrivammo poi in una clinica privata che aveva una sala operatoria, anche se ferma da circa sei mesi: mancavano sia la corrente elettrica che le condizioni minime di igiene per operare, c’era sporcizia ovunque. Insieme ad un amico oculista, che mi aveva accompagnato in vacanza, decidemmo di aggirare il problema della corrente elettrica comprando gasolio per il generatore, pulimmo la sala, portammo la bambina in sala operatoria. Ma la storia non finisce qui: appena fatta l'incisione, il generatore va in blocco e con la luce del cellulare del mio amico oculista riuscimmo a fare la colostomia. Oggi la bimba, che si chiama Dionísia, è una studentessa di 12 anni. Le basta come status quo? La precarietà del sistema sanitario del mio Paese e la possibilità di fare qualcosa per migliorarlo è stata la leva principale che mi ha spinto ad accettare l'incarico. Prima di diventare Ministro conoscevo già le sfide che mi sarai trovato ad affrontare. Ho iniziato con una riforma profonda di tutto il sistema sanitario, con una programmazione ben definita, che parte dalla formazione dei medici in 16 specializzazioni. In parallelo, bisogna pensare nella costruzione di nuove e moderne infrastrutture. Non è così facile in un Paese con poche risorse formate e competenti in ambito medico, dove lo sviluppo del settore sanitario, nonostante le rassicurazioni che avevo ricevuto, continua a non essere la priorità del governo, a dispetto della dura lezione impartita dalla pandemia di Covid-19. L’ultimo budget di Governo per il mio Ministero è pari al 10% contro il 47% del Ministero di Difesa e degli Interni. Tutti gli investimenti nel settore sanitario quindi sono affidati agli organismi internazionali. Conto molto sull'Italia, che sono certo potrà dare tanto, come ha già fatto in passato.  

Il suo rapporto con l’Italia, e con Padova in particolare affonda nel passato. Ci può raccontare la Sua storia sin da quando è partito da Jugudul?

Oltre alla mia famiglia -mia moglie è italiana e abbiamo due figli- l’Italia e Padova in particolare mi hanno insegnato molto della cultura medica che cerco di diffondere in Guinea-Bissau. La mia storia è fatta di tante coincidenze. Mi soffermerò solo su alcuni snodi essenziali: arrivo a Bissau e mi sottopongo al test di ammissione al liceo. Lo supero ma non so dove andare a vivere. In mio aiuto arriva un conoscente che mi porta ad incontrare una delle figure più importanti per la mia vita futura: padre Battisti. Il missionario italiano gestisce a Bissau una residenza per giovani studenti senza casa, e rimarrò sotto la sua ala fino alla maturità. Sempre grazie a padre Battisti, e al sostegno delle offerte parrocchiali italiane, arrivo in Veneto, nel 1991, con altri due ragazzi alla volta di Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, con l’intenzione di studiare Medicina. Ma sono costretto a modificare i miei piani - per problemi economici - e decido di frequentare la Scuola di Infermieristica a Verona. Nel 1994 arriva il diploma da infermiere. Sorvolo su altre peripezie, e qualche anno dopo riesco ad iscrivermi, nella mia amata Padova, alla facoltà di Chimica farmaceutica. Per mantenermi comincio a lavorare per una cooperativa che aveva vinto un appalto nell'Ospedale di Dolo, un comune del Veneziano. Qui incontro la mia nuova famiglia veneta: il portiere della struttura dove lavoravo mi prende in simpatia e mi regala il motorino di suo figlio per facilitarmi il viaggio. Ma non sapevo che si trattava solo del primo passo: dopo qualche tempo mi invita, una domenica, ad Arino, una frazione di Dolo, per presentarmi alcuni amici. Intorno al tavolo trovo sedute 40 famiglie, che mi annunciano di voler diventare i miei finanziatori per permettermi di frequentare Medicina. Annuncio rigorosamente riportato in dialetto veneto. Questa è stata la svolta della mia vita. Al mio rientro in Guinea-Bissau, con padre Battisti costruisco un ospedale pediatrico, il Sao Josè em Bor, con il sostegno di alcuni industriali bresciani. Tante le missioni mediche organizzate da allora, a partire da quelle realizzate grazie al mio professore di specializzazione a Padova. Da Brescia, Foggia, Ferrara, dalla Sicilia con un gruppo di anestesisti. Sono stati 10 anni di missioni, in chirurgia pediatrica con il prof. Gamba, con il prof. Fagin neurochirurgo, la dottoressa Tognon e la dottoressa Vogaro anestesiste. Vengono poi gruppi tedeschi, portoghesi e siamo arrivati fino a 10mila operazioni chirurgiche. L’Italia è profondamente radicata nel mio cuore.

Questo legame con il nostro Paese non solo non l’ha mai reciso, ma continua nel tempo. Nei mesi scorsi è tornato per una missione istituzionale indispensabile per rinvigorire i rapporti bilaterali con l’Italia, che l’ha portato fino a Roma. Ce ne parla?

Lo ripeto: conto molto sulla possibilità di sviluppare con l’Italia un rapporto bilaterale a livello governativo. L’Italia è sempre stata vicina alla Guinea-Bissau attraverso le relazioni con le Nazioni Unite, l’UE e la Chiesa. A livello diplomatico esiste un solo Consolato Onorario a Bissau.
Da un anno sto aiutando la comunicazione tra i due Paesi per preparare la visita del mio Primo Ministro in Italia e mettere le basi di un accordo bilaterale che possa portare avanti i progetti di cooperazione nei tre settori che penso siano strategici per la crescita della Guinea-Bissau: Sanità, Agricoltura e Turismo, tutti settori nei quali l’Italia ha veramente molto da dare.
Continuo a lavorarci tramite i miei contatti in Italia, guidati dal prof. Michele Karaboue, che poiché conosce le condizioni della sanità africana, grazie alle sue radici costavoriane, e che a seguito della mia nomina, mi ha contattato manifestandomi la sua disponibilità ad aiutarmi. Attualmente stiamo lavorando in Puglia, Basilicata e Lazio per creare le basi di rapporti bilaterali più forti. Proprio grazie a Karaboue abbiamo firmato, con l’Università di Foggia, un accordo di cooperazione per la formazione a distanza. L’ultimo viaggio in Italia mi ha portato anche a Roma, dove ho potuto visitare la storica Casa di cura Santa Famiglia, clinica specialistica in ginecologia ed ostetricia, nonché Centro Nascite di eccellenza a livello nazionale, dove ho trovato una grande accoglienza da parte della Direzione, nella persona della dott.ssa Possemato, e del presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN) prof. Luigi Orfeo, unita alla disponibilità a collaborare per formare Neonatologi e Ginecologi nel mio Paese attraverso programmi di scambio. Cosa dire? Siamo sono all’inizio.

Marco Sonsini

Editoriale

Preferiamo le buone o le cattive notizie? E le storie a lieto fine, dove l’eroe, dopo una serie di peripezie, trova l’amore e il successo, sanno tanto di stantio? Quella del nostro intervistato del mese di ottobre di PRIMOPIANOSCALAc non è né melensa, né zuccherosa, né enfatica né celebrativa. È solo bella e di queste storie abbiamo sempre più bisogno. Certo essere scettici, cinici e disincantati fa molto fico, mentre dimostrare fiducia e speranza per il futuro lo è meno. Ma non ci arrendiamo alla moda e quando il dr. Dionísio Cumbà, Ministro della Salute della Repubblica di Guinea-Bissau ha aderito alla nostra richiesta, siamo stati onorati, felici e un pizzico emozionati. Un po’ di contesto è necessario: la Repubblica di Guinea-Bissau è uno degli Stati più piccoli dell’Africa. Colonia portoghese -qui si parla il creolo portoghese- il Paese proclamò l’indipendenza il 24 settembre 1973 e venne poi riconosciuta a livello internazionale il 10 settembre del 1974. Per non confondersi con la Guinea, ex colonia francese, e per giunta confinante, la Repubblica decise di aggiungere, al nome originario quello della capitale, Bissau. La storia di Cumbà è molto particolare, da ragazzino di un villaggio africano, contro ogni scelta di buon senso, decide di perseguire il suo sogno di diventare medico ad ogni costo, ascoltando solo la voce di suo padre che gli aveva sempre detto “devi continuare a studiare”. Una vera e propria odissea quella vissuta da Cumbà prima di coronare il suo sogno, che lui riassume in poche battute quando risponde alla nostra domanda, e parla, con grandissima umiltà, di felici coincidenze. Sì, qualche coincidenza ci sarà stata, ma del suo impegno, della sua forza di volontà, della sua tenacia non ci fa menzione. Sorvola sugli 8 chilometri a piedi dal villaggio alla scuola, del fatto che si ingegna a raccogliere frutti selvatici da vendere ai lati della strada, per poter comprare da sé un quaderno, un pantaloncino, una maglietta, un paio di scarpe. Non ci racconta di avere dovuto vendere una gallina per pagarsi il viaggio in corriera dal suo villaggio a Bissau, e aver dormito a terra, sotto un lampione, per essere puntuale all’esame di ingresso al liceo. Per arrivare alla laurea in medicina c’è una storia di amicizia e solidarietà che non si è mai esaurita: la mobilitazione delle famiglie di Dolo senza le quali non ce l’avrebbe fatta. In Veneto Dionísio incontra anche l’amore della sua vita, Laura, un’infermiera pediatrica originaria di Piove di Sacco. Tutto sembra già programmato per una carriera a Londra, e invece? Ecco l’ennesimo colpo di scena, che nelle storie degli eroi non mancano mai: prima di partire torna a casa per salutare i suoi, ma lì gli viene sottoposto il caso di una bimba di 15 giorni, in pericolo di vita. Questa avventura Cumbà la racconta nell’intervista a testimonianza del perché, invece di andare a Londra, decide di tornare in Guinea-Bissau. Qui è l’unico chirurgo pediatra della regione e nel volgere di pochissimo tempo diventa Direttore dell’Istituto nazionale di salute pubblica. Lo scorso anno accetta di diventare Ministro della Salute della Guinea-Bissau, ma non smette di operare, perché sa che di lui si ha bisogno. Di uomini così abbiamo tutti bisogno, come faro nel mare del disincanto. Infatti, l’ex colonia portoghese, democrazia fragile con due terzi degli abitanti di Roma e una guerra civile alle spalle, dove i bambini possono morire di appendicite, ha ora in agenda, grazie a Cumbà, la rivoluzione del servizio sanitario. “Bisogna lavorare sulla prevenzione, riprogrammare la sanità con un servizio più chiaro, capillare, che possa arrivare fino all’ultimo cittadino” afferma Cumbà. E aggiunge di volere essere un ponte con l’Italia per una cooperazione sempre più serrata a livello sanitario, e non solo. Il tasso di morte infantile e neonatale è ancora altissimo, e Dionísio è lì per agire! La copertina dell’intervista di PRIMOPIANOSCALAc a Dionísio Cumbà è particolarmente riuscita. Con il consueto sapore pop e onirico, ritrae il volto dell’intervistato che porta, a mo’ di copricapo, alcuni elementi distintivi del suo lavoro, ruolo, vita… mescolati con la tecnica del collage, e come nel collage, le figure sono giustapposte le une alle altre, senza elaborazioni. I colori della sua Africa negli abiti indossati dalla figura in primo piano, con il rosso, giallo e verde della Guinea-Bissau, sullo sfondo invece il licaone, predatore in estinzione: Licaoni è il soprannome dato alla locale nazionale di calcio. E in mezzo tutti gli oggetti che ricordano la sua avventura: frutta selvatica, gallina, corriera, motorino, bambina, attorniati dai simboli distintivi della sua professione. Sullo sfondo lo skyline di Padova, a rappresentare il Veneto, la Regione che lo ha adottato.

Mariella Palazzolo

Dionísio Cumbà

Dionísio Cumbà è Ministro della Salute della Repubblica di Guinea-Bissau da maggio 2021. Nato e cresciuto a Jugudul, un villaggio a 50 km dalla capitale, Bissau, grazie all’aiuto di un missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), arriva in Italia con una borsa di studio e frequenta la Scuola per Infermieri di Verona.
Subito dopo inizia a lavorare come operatore socio-sanitario - per inspiegabili motivi burocratici non gli fu permesso di svolgere la professione di infermiere - presso l’Ospedale di Dolo (VE). Qui, grazie all’incontro con il suo secondo padre, Rino Stocco, e alla solidarietà della comunità locale, riesce a iscriversi e frequentare la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova, dove si laurea nel 2004. Nel 2010 si specializza, presso la stessa Università, in Chirurgia pediatrica.
Spinto dal desiderio di “restituire le cose apprese durante gli anni di studio a Padova al suo Paese”, dopo aver concluso gli studi universitari nel 2010 torna nel suo Paese, dove, insieme al missionario incontrato in gioventù, realizza un ospedale pediatrico - il Sao Josè em Bor - grazie ai fondi raccolti in Italia. Negli anni è stato promotore di numerose missioni mediche dall’Italia, per un totale di diecimila interventi, molti dei quali decisivi per la sopravvivenza dei suoi pazienti. Prosegue la sua carriera con l’incarico di Direttore dell’Istituto nazionale di salute pubblica.
Oggi, nonostante gli impegni come Ministro, continua ad esercitare la professione: è infatti l’unico chirurgo pediatrico del Paese.
È fondatore dell’Associazione Toka Toka Africa, che raccoglie fondi a favore della Guinea-Bissau (grazie alla quale sono state costruite scuole, pozzi per l’acqua etc.). Alla domanda su cosa lo rende felice, risponde: “Le persone che come me credono che sia possibile realizzare un mondo dove la pace sia realtà (…)”.
Ha 50 anni, è sposato con Laura, e fa la spola tra la Guinea-Bissau e l’Italia, nella sua casa di Piove di Sacco. Qui, alle porte di Padova, vive la sua famiglia: la moglie, infermiera pediatrica conosciuta durante gli anni da medico specializzando a Padova, e i due figli, Irene e Marco.
Parla perfettamente il veneto!

Marco Sonsini