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Telosaes.it

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SocialTelos

Settembre 2017, Anno IX, n. 9

Bart Somers

Il sindaco estremista e radicalizzato. Un fondamentalista del multiculturalismo

L’insicurezza e l’alienazione sono questioni che bisogna prendere in seria considerazione. La gente deve sentire che i politici capiscono la lotta quotidiana delle persone in un mondo in continuo cambiamento.

Telos: Immigrazione ed integrazione sono tra i temi più caldi degli ultimi anni, in tutto il mondo. Forse il più caldo, soprattutto in Italia. Qual è la Sua opinione sulle decisioni più recenti del Governo Italiano in materia di contrasto all’immigrazione, in particolare quella che arriva dal mare?

Bart Somers: Come politico, credo fermamente in una strategia europea armonizzata per affrontare le sfide sull’immigrazione. Il solo modo per salvaguardare i diritti umani, consiste in procedure condivise da tutti gli Stati Membri dell’UE. Le stesse regole e gli stessi criteri devono essere seguiti ovunque: abbiamo quindi bisogno di un Ufficio Europeo per le procedure d’Asilo che abbia competenze su tutta l’Unione.

Affinché questa strategia europea abbia successo, abbiamo anche bisogno di una programmazione razionale delle quote di rifugiati. Secondo la Convenzione di Ginevra, tutte le richieste di asilo politico devono essere prese in considerazione, perseguendo al contempo l’obiettivo di un impatto demografico bilanciato in ogni Stato Membro. Solo con una procedura armonizzata ed un impegno preciso da parte di tutti gli Stati Membri, avremo un progetto europeo veramente unificato.

Passando all’Italia, penso che sia molto importante concentrarsi ancor di più sul ruolo di Frontex come guardiano dei confini dell’UE. L’Europa deve anche assicurare l’ampliamento dei Centri di Registrazione Europei (i cosiddetti hot spot).

Ricevere il premio ‘World Mayor of the Year’ 2016 è un riconoscimento nei confronti dell’ottimo lavoro che ha fatto come amministratore locale e come politico. Cosa possono concretamente fare le autorità locali per prevenire la radicalizzazione?

La prevenzione della radicalizzazione è una strada a doppio senso. Da una parte, è molto importante impedire alle forze radicali di diffondere la loro ideologia nella società. La propaganda degli Wahabiti e dei Salafiti, che proviene principalmente da Internet e dai social media, è un cancro che bisogna fermare. Qui la responsabilità è perlopiù dei livelli politici più alti. Bisogna che sia affrontata a livello nazionale, europeo ed internazionale.

Dall’altra parte, le forze di polizia locali e tutti quelli che si occupano di prevenzione hanno un compito importante ed una grande responsabilità. Possiamo vedere che città come Mechelen devono affrontare quotidianamente la minaccia dell’Islam radicale e totalitario che vuole distruggere il nostro modello di società liberale ed aperta alla diversità. Dobbiamo combattere questa minaccia con una politica di apertura e credo che una politica inclusiva sia un modello per contrastare l’ideologia aggressiva e distruttiva dell’Islam radicalizzato.

Prima di tutto, una società inclusiva renderà meno attraente quella totalitaria. Le persone possono criticare la propria società, ma ci vivono e ne apprezzano molti aspetti, in questo modo diminuiranno le probabilità che ricerchino un’alternativa radicale per sostituirla.

In secondo luogo, è importante comprendere che possono sempre esserci persone che prenderanno un orientamento radicale. Negare che questo sia possibile significa essere ingenui. Ma se questi individui radicalizzati si troveranno circondati da persone che credono in una società, nella quale non c’è posto per il radicalismo o la violenza, il credo radicalizzato perderà la sua forza.

Soprattutto, è molto importante accettare che nel tempo della globalizzazione e dei fenomeni migratori, tutti dobbiamo compiere degli sforzi affinché abbia successo la città superdiversa ma con regole di convivenza uguali per tutti. Gli approcci a senso unico devono essere dimenticati e dobbiamo avere il coraggio di affermare che tutti noi dobbiamo integrarci in una nuova realtà.

A livello locale, si ha l’opportunità e la possibilità di tradurre la teoria in azioni concrete. Molte città oggi sono troppo spesso arcipelaghi di isole monoculturali. Il rischio di questo tipo di città è quello di rinchiudere le persone in una caricatura di identità. Oltretutto, invece di diventare concittadini si resta degli sconosciuti.

Per evitare che accadano mutamenti di questo tipo, le autorità locali possono agire. A Mechelen, abbiamo creato scuole, club sportivi e quartieri misti. Questi ambienti multiculturali rafforzano la costruzione di una identità comune. È qui che le politiche locali possono fare la differenza. Per questa ragione, ad esempio, stiamo investendo molto in progetti che portano la diversità nel mondo del lavoro giovanile.

Abbiamo l'obiettivo, molto ambizioso ma importante, di portare 100 bambini e ragazzi di origine straniera all’interno dei movimenti giovanili (boy scout) ed iniziare un dialogo con coloro che hanno un peso all’interno delle diverse comunità per comprendere i limiti di questi progetti e aumentare il livello di partecipazione di bambini e ragazzi che provengono da famiglie immigrate.

Parla spesso del Ministero della Società. Di cosa si tratta esattamente?

Viviamo in un’era nella quale è molto importante che la gente capisca che non si può più vivere semplicemente uno accanto all'altro, ma bisogna vivere insieme. Quindi, qualche volta dico che avremmo bisogno di un Ministero della Società che aiuti ad unire le persone, così che tutti i cittadini condividano un comune senso di cittadinanza e di valori.

A Mechelen, cerchiamo di mettere al centro il valore dell’inclusione. L’immigrazione e la diversità sono la nuova normalità qui (così come in molte altre città e regioni d’Europa) e dobbiamo essere all’altezza di questo modello sociale che sta cambiando. Dobbiamo far nascere un'idea di concittadinanza, un modello condiviso di valori comuni che ci dia più libertà e più opportunità rispetto al passato. Ma certamente, non possiamo essere ciechi davanti alle sfide della società. L’insicurezza e l’alienazione sono questioni che bisogna prendere in seria considerazione. La gente deve sentire che i politici capiscono la lotta quotidiana delle persone in un mondo in continuo cambiamento.

Amministrare una città non significa soltanto avere a che fare con l’immigrazione. Lei è stato alla guida di Mechelen dal 2001. Quali sono le altre sfide che si è trovato a fronteggiare?

Nel 2000 Mechelen era in una spirale di caduta verso il basso. C’era un alto tasso di disoccupazione, molta criminalità, decadenza e circa il 30% degli elettori votava per l’estrema destra. Quando sono diventato Sindaco, la mia missione è stata quella di invertire questo trend negativo.

Da una parte investendo molto in sicurezza (in quei giorni la gente, a volte, mi chiamava ‘mister tolleranza zero’), abbiamo combattuto la criminalità e il vandalismo. Dall’altro lato, abbiamo investito molto in progetti urbani: nuove strade, piazze, parcheggi e molti spazi verdi, ma anche nel restauro del nostro patrimonio storico e culturale.

Non soltanto l’economia aveva bisogno di un sostegno extra, anche i cittadini avevamo bisogno di sentirsi orgogliosi di Mechelen. E per rendere la gente orgogliosa della propria città, non bastano le costruzioni, ma serve un cambiamento di mentalità. Come politico, credo molto nella partecipazione civica perché così le persone capiscono che sono loro stesse a fare il futuro della società. Oggi, dopo 17 anni che ricopro questo incarico, sono molto soddisfatto di vedere che i cittadini sono nuovamente fieri della propria città. Nel 2000, eravamo all’ultimo posto della classifica ‘dell’orgoglio della propria città’ tra le città (medie e grandi) delle Fiandre. Oggi, Mechelen è tra i primi posti di questa classifica.

Marco Sonsini

Editoriale

Quando si parla di immigrazione ognuno di noi alza subito le difese e difficilmente dice cosa pensa o, al contrario, lo dice in modo anche troppo aggressivo. I motivi sono tanti. Paura di apparire razzista, o buonista, di non sapere quali soluzioni proporre o di essere tacciato di poco realismo. Oppure si pensa ‘che noia, sempre la solita solfa’. Proprio per questo abbiamo scelto un titolo che sferra subito un pugno allo stomaco, tacciando Bart Somers di estremismo, radicalismo e fondamentalismo. Somers è l'anticonformista sindaco di Mechelen, che ha vinto il premio come miglior sindaco del mondo 2016 per aver trasformato quella che era una cittadina depressa e svantaggiata delle Fiandre, in un modello di integrazione multiculturale per tutto il Belgio. Ci siamo ricordati delle parole, attribuite a Cicerone, che fustigano le scelte mielose e di mezzo quando si tratta di principi fondamentali del nostro vivere: ‘Devo rammentarvi, signori senatori, che l’estremo patriottismo nella difesa della libertà non è un crimine (…)’ che hanno poi ispirato una famosa invettiva di Goldwater, alla Convention dei Repubblicani del 1964, in risposta alla corrente di Rockefeller-Scranton che si definiva moderata e accusava i suoi sostenitori di estremismo. Il Senatore tuonò: ‘Vorrei ricordarvi che l’estremismo in difesa della libertà non è un vizio, e che la moderazione nella ricerca della giustizia non è una virtù’. In cosa è stato radicale ed estremista Somers? Nella spinta a fare in modo che le comunità nella sua città non fossero più ‘un arcipelago di isole monoculturali’, nelle quali i cittadini si chiudono in quella che ‘spesso è la caricatura della propria identità e rimangono ‘sconosciuti e non concittadini’. Senza la collettività la politica muore. Oggi le comunità sono praticamente e figurativamente atomizzate in piccole unità. La politica, di conseguenza, è vista dalla maggior parte della gente come una forza esterna, noiosa e irrilevante nel migliore dei casi, oppressiva e spaventosa nel peggiore. Somers ha ribaltato questa equazione. Mechelen ospita 128 nazionalità, il 28% della popolazione ha origini straniere, il 20% è di religione islamica, eppure Somers è riuscito ad evitare la radicalizzazione politica che ha portato agli attentati terroristici in Francia e in Belgio. I partiti di estrema destra, sono scesi dal 30% al 10%: ‘Ho rinunciato all’assimilazione forzata: non funziona. E al suo opposto, la superdiversità, la divisione della città in gruppi etnici. Sono così tanti che è impensabile creare programmi adatti ad ognuno. E poi quei gruppi finiscono per diventare luoghi di isolamento fisico e mentale. Ghettizzazione autoimposta.’ Devono sentirsi comunità nella diversità, ma come? L’amministrazione ha stabilito regole comuni, le ha spiegate e le fa rispettare. Somers è un buono, ma non un buonista. Ha organizzato corsi di cittadinanza ai nuovi arrivati, nei quali si spiega cos’è la democrazia, come funziona la polizia, come comportarsi con le donne. E poi chiede aiuto ai concittadini, di ogni etnia. Dopo gli attentati a Zaventem e Bruxelles, è andato in moschea e ha detto: ‘Siete due volte vittime. Come europei e come islamici. Reagite’. Ma quando gli chiedono piscine pubbliche separate per maschi e femmine, risponde: ‘Ve le potete scordare, questo è un Paese laico’.

Mariella Palazzolo

Bart Somers

Bart Somers è il Sindaco di Mechelen (in italiano storico Mellina), una città di circa 86mila abitanti tra Anversa e Bruxelles. Politico esperto, Somers è anche Presidente dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa all’interno del Comitato Europeo delle Regioni, oltre ad essere membro del Parlamento fiammingo, dove ricopre il ruolo di Presidente dei Liberali fiamminghi. In passato, è stato Ministro-Presidente delle Fiandre.
Dopo le elezioni regionali del giugno 2004, è stato nominato Presidente ad interim dei Liberali e Democratici Fiamminghi Aperti (VLD). Il 4 dicembre dello stesso anno, è stato confermato nel ruolo di Presidente con oltre il 50% dei voti.
Bart Somers è stato uno dei tre negoziatori del suo partito (VLD) durante la formazione del Governo belga nel 2007.
Nel Giugno 2016, il Comitato Europeo delle Regioni ha approvato la relazione Somers su “Combattere la radicalizzazione e l’estremismo violento: meccanismi di prevenzione a livello locale e regionale”. La sua posizione ha ottenuto un sostegno trasversale, grazie all'appello per una politica più efficace, una maggiore cooperazione tra le Autorità europee, nazionali, regionali e locali, e per l’approccio basato sul rispetto dei valori fondamentali.
Nel 2016 ha ricevuto il World Mayor Prize, un premio dedicato al miglior sindaco del mondo, come riconoscimento degli importanti risultati nell’accoglienza dei rifugiati e nell’integrazione degli immigrati di differenti culture, religioni e provenienza sociale.
Somers, 53 anni, è laureato in legge all’Università Cattolica di Lovanio. É sposato con Miet Bourlon e hanno una figlia, Lieze, e un figlio, Jan Klaas. La famiglia Somers vive nelle Fiandre dal 1507.

Marco Sonsini