Giugno 2013, Anno V, n. 6

Stabilità? L’uguaglianza dei diritti è il suo presidio più sicuro

di Mariella Palazzolo

Credo fermamente che combinare maternità e carriera debba diventare possibile. Il pre-requisito è che l’assistenza all’infanzia sia accessibile a tutti. Il nostro sistema pre-scolare è sostenuto da un ingente finanziamento pubblico: non lo considero un costo, bensì un investimento sia nei nostri bambini, sia nei loro genitori.

Telos: La Commissione Europea ha individuato nella riduzione del divario retributivo di genere una delle sue priorità. Ma in tutta Europa persiste tuttora un forte differenziale nel tasso di partecipazione al lavoro tra uomini e donne. Come Ministro per le Pari Opportunità pensa di poter ridurre il divario retributivo di genere e quali ostacoli considera più impegnativi nel perseguimento di questa strategia?

Maria Arnholm: Oggi, il reddito complessivo che un uomo percepisce nel corso della sua vita è in media maggiore rispetto a quello percepito da una donna di 360.000 euro. Immagini tutte le cose che si possono comprare, o tutte le cose nelle quali si può investire con 360.000 euro – una nuova casa, l’istruzione dei figli, il risparmio in vista della pensione. Naturalmente, il divario è legato a quanto si lavora. Vorrei sottolineare 3 fattori che spiegano questo fenomeno. Il primo è che le donne lavorano part-time. Credo si debba rendere più agevole per le donne lavorare a tempo pieno, oltre ad assicurare che non vengano discriminate nel mercato del lavoro. Parità di salario a parità di lavoro deve essere un principio inderogabile. In questo campo, collaboro con i datori di lavoro ed altri stakeholder per innalzare il loro livello di consapevolezza ed esercitare il mio potere di persuasione. Il secondo è che le donne portano più degli uomini il peso della responsabilità della cura della casa e della famiglia. Credo fermamente che combinare maternità e carriera debba diventare possibile. Il pre-requisito è che l’assistenza all’infanzia sia accessibile a tutti. Oggi, le donne usufruiscono della maggior parte del congedo parentale e lavorano part-time per prendersi cura dei figli. Questo stato di cose non può continuare. È necessario che sempre più uomini assumano maggiori responsabilità nella vita familiare. Un modo per ottenere un cambiamento è rafforzare la legislazione in materia di congedo parentale. Il terzo fattore è la segregazione di genere nel mercato del lavoro. Uomini e donne dovrebbero essere incoraggiati a rompere gli stereotipi. Abbiamo bisogno di infermieri uomini e vigili del fuoco donne. Perché? Perché esiste un divario salariale tra lavori tradizionalmente maschili e lavori tradizionalmente femminili: poniamo fine alla segregazione, e il divario retributivo si assottiglierà. Questo obiettivo però non può essere ottenuto per via legislativa, ma solo attraverso un cambio di mentalità.  

Rimaniamo colpiti dall’alto tasso di iscrizione prescolare in Svezia. Lei è anche Vice-Ministro dell’Istruzione: può descriverci meglio il sistema pre-scolare svedese, i principi sui quali si basa e il modo nel quale viene reso accessibile alle famiglie?

In Svezia, abbiamo combinato istruzione e assistenza alla prima infanzia secondo un modello che chiamiamo Edu-care. Il sistema svedese pone davvero al centro l’accessibilità dell’educazione pre-scolare e i Comuni sono tenuti ad offrirla a tutti i bambini a partire dall’età di 1 anno. Questo principio si applica non solo nel caso in cui i genitori lavorano o studiano, ma anche quando sono disoccupati o in aspettativa. In questi ultimi casi i bambini hanno diritto ad almeno 3 ore al giorno o 15 ore a settimana di frequenza. Dall’autunno successivo al compimento dei 3 anni, tutti i bambini hanno diritto ad almeno 525 ore all’anno di frequenza senza pagare alcun contributo. Gran parte delle scuole dell’infanzia sono aperte dalle 6.30 alle 18.30. Il Governo attuale ha anche stanziato risorse per fornire assistenza ai bambini anche di notte, nei weekend e durante le vacanze. Molti genitori non hanno la possibilità di lavorare dalle 9 alle 17, e le scuole dell’infanzia devono essere in grado di provvedere ai bisogni di queste famiglie. Le rette sono direttamente proporzionali al reddito dei genitori e inversamente proporzionali al numero di figli. La retta può arrivare al massimo al 3% del reddito mensile di una famiglia, ma non può mai superare le 1.200 corone (ndr: circa 140 euro) al mese. Questo significa che il nostro sistema pre-scolare è sostenuto da un ingente finanziamento pubblico: non lo considero un costo, bensì un investimento sia nei nostri bambini, sia nei loro genitori.  

In Italia e nell’Unione Europea è in atto un dibattito su come affrontare il problema della disoccupazione giovanile, che ai livelli attuali il Presidente della BCE Draghi ha individuato come una minaccia alla stabilità sociale. Sulla base dell’esperienza svedese, la formazione professionale può contribuire a sostenere l’occupazione, accorciando le distanze tra sistema educativo e mondo dell’impresa?

Credo che la formazione professionale giochi un ruolo cruciale per ridurre questa distanza, ma che assolva anche un’importante funzione motivazionale. Oggi molti giovani sognano di finire la scuola e trovare un lavoro, ma non hanno le capacità per portare a compimento gli studi. La formazione professionale è un’ottima strada per quelli che non trovano motivazioni nella scuola ma aspirano a trovare un lavoro. Quando il nostro Governo è entrato in carica, abbiamo riformato il sistema scolastico dando maggior risalto alla formazione professionale. Sotto i Governi socialdemocratici la formazione teorica era il fulcro del sistema scolastico: quindi c’era molto lavoro da fare! Il nostro Governo ha istituito tavoli di lavoro tripartiti con le parti sociali per discutere sulle possibili strategie per rendere il mercato del lavoro più inclusivo e flessibile. Pensiamo sia urgente creare percorsi più accessibili per l’ingresso nel mercato del lavoro, ma il Governo non può farlo senza l’aiuto dei sindacati e degli imprenditori. Il risultato fino ad ora è stato molto positivo: abbiamo istituito tirocini di inserimento, per giovani senza esperienze pregresse significative, che comprendono la supervisione e la formazione professionale durante parte della giornata lavorativa. Credo anche che sia giusto ricordare l’importanza della formazione professionale per quelle persone che hanno già maturato esperienza nel mercato del lavoro. Se vogliamo affrontare le sfide demografiche di domani, dobbiamo concentrarci non solo sui giovani, ma anche sulle generazioni più anziane.

Lei è membro del Governo non socialdemocratico più longevo in Svezia da un secolo a questa parte. Come spiega il successo della coalizione di centro-destra? Potrebbe tratteggiare brevemente i successi più significativi che ha conseguito?

In Svezia, lo scenario politico è tradizionalmente molto stabile. I maligni dicono che le elezioni in Svezia le vincono i socialdemocratici migliori. E malgrado io non condivida questa massima, ammetto che contiene del vero, perché coglie l’amore degli Svedesi per la stabilità. Amiamo gli assetti ordinati, amiamo sapere che cosa poterci aspettare e poter chiedere conto delle proprie azioni a chi ne è responsabile. Il Governo attuale è riuscito a traghettare la Svezia attraverso una delle crisi economiche più acute della storia contemporanea. I cittadini svedesi lo sanno, e direi che questo è il nostro risultato più significativo. Naturalmente, abbiamo di fronte ancora molte sfide, ma ci siamo affermati come una coalizione di Governo responsabile e questo è ciò che conta di più: l’affidabilità.

Editoriale

Che cos’è l’uguaglianza delle opportunità? Trovare una risposta condivisa farebbe giustizia di tanti discorsi sul merito e sulla responsabilità individuale che da anni intorbidiscono il dibattito pubblico senza innalzare la qualità delle politiche di sviluppo e coesione sociale. Dunque: l’uguaglianza delle opportunità è un principio che informa davvero il progetto di società di chi ne parla? Un criterio che si vorrebbe orientasse le politiche redistributive? Oppure una formula retorica utile a mascherare la rinuncia ad attuarle? Che potenziare l’investimento nell’educazione e nell’assistenza alla prima infanzia generi benefici a cascata per l’intera comunità è un’indicazione di policy generalmente accettata. Rendere accessibile a tutti i bambini la frequenza pre-scolare significa ridurre quella asimmetria di opportunità, che è il portato del divario socio-culturale tra le famiglie. Ma significa anche dare impulso all’arricchimento del capitale umano, con benefici potenziali per la crescita di lungo periodo. È pure l’unica misura concreta per aprire alle donne il mercato del lavoro su un piano di parità con gli uomini, rendendo concretamente fruibile il diritto alla parità di salario a parità di mansione. L’intervista a Maria Arnholm, Ministro svedese per le Pari Opportunità e Vice- Ministro dell’Istruzione, ci offre uno squarcio di come le parole d’ordine si possano tradurre in prassi. L’educazione pre-scolare è aperta a tutti i bambini svedesi a partire dall’età di 1 anno; a partire dai 3 anni ogni bambino ha diritto ad una frequenza minima gratuita. Il sistema prevede che ogni famiglia spenda per l’educazione dei figli tra l’1% e il 3% del proprio reddito, a seconda del numero dei figli: le rette vengono quindi stabilite in misura progressiva sul reddito. E ancora: ai padri sono riservati obbligatoriamente 60 giorni di congedo parentale obbligatorio. È il caso di ricordare, per contrasto, qualche dato sul mercato del lavoro in Italia. Dati ISTAT 2010: il 30% delle madri interrompe il lavoro per motivi familiari contro il 3% dei padri. Per le donne nate dopo il 1973, il tasso di interruzione coincide con quello di abbandono forzato: la vergogna delle dimissioni in bianco non è un retaggio del passato, è la nuova frontiera della discriminazione.  

Mariella Palazzolo

Maria Arnholm è Ministro per le Pari Opportunità e Vice-Ministro dell’Istruzione nel Governo svedese – cariche che ricopre dal Gennaio 2013. Le sue aree di competenza abbracciano un ampio ventaglio di materie, dall’uguaglianza di genere alle organizzazioni non governative, dal sistema pre-scolare al sostegno finanziario agli studenti, dalle politiche giovanili all’istruzione per gli adulti. Prima della nomina a Ministro, ha ricoperto la carica di Sottosegretario di Stato presso il Ministero delle Pari Opportunità. Il suo impegno nelle organizzazioni giovanili del Partito Liberale svedese risale alla fine degli anni Settanta. Ha poi diretto la segreteria politica di Bengt Westerberg, all’epoca capo del Partito Liberale e Membro del Riksdag, il Parlamento svedese. Quando si è insediato il Gabinetto di centro-destra presieduto da Carl Bildt (1991-1994), Westerberg è stato nominato Vice-Primo Ministro, Ministro della Salute e delle Politiche Sociali e Maria Arnholm lo ha seguito come Capo di Gabinetto. Ha poi intrapreso una carriera di successo nel settore privato, che l’ha portata a ricoprire, tra l’altro, le cariche di Capo della Comunicazione nella catena di distribuzione al dettaglio pan-scandinava Coop Norden AB (2002-2006) e AD della società di pubbliche relazioni e comunicazione Springtime (2006-2012). Nello stesso periodo (2004-2012) è stata membro del CdA della Televisione di Stato, Sveriges Television. Maria Arnholm ha studiato Legge all’Università di Stoccolma. Nata a Goteborg, vive a Lidingö, è sposata ed ha due figli adulti.