
Da fare? Ce n’è per tutti
“La crisi è servita a far esplodere, in virtù dell’esercizio sfrenato di un capitalismo senza controllo, tutte le contraddizioni che per decenni si è tentato di sopire e che ora si devono comunque affrontare. Questo è già un dato positivo”
Telos: Autore, scrittore, sceneggiatore, insomma uomo di lettere e di cultura. È ancora possibile oggi parlare di impegno e ruolo politico dell’intellettuale?
Andrea Camilleri: L’impegno, secondo la mia opinione del tutto personale, è connaturato alla funzione stessa dell’intellettuale, quello politico è tutt’altra cosa. È bene che l’intellettuale faccia l’intellettuale e il politico il politico. Aggiungerei che oggi più che mai l’impegno alla coesione deve essere dei cittadini tutti, italiani e europei, al di là delle loro attività individuali.
Ultimamente è circolata una battuta, e non solo in Italia: la cosa migliore del 2011 è che forse è stato meglio del 2012. Eppure proprio nel 2011 le proteste dei giovani, dalla primavera araba agli indignados spagnoli o a Occupy Wall Street hanno messo in discussione assetti politici ed economici che nei lunghi anni di crescita e prosperità sembravano al riparo da qualsiasi critica. La crisi può essere l’occasione per dare concretezza alle richieste di un ordine più giusto?
A seconda di come se ne esce. Da una crisi o si esce cadaveri o si esce rafforzati. L’ augurio è che questa crisi, che è una crisi globale ed investe globalmente i modi e i termini con i quali fino a questo momento sono state gestite le economie nazionali ed internazionali, possa portare a una visione nuova e diversa dell’assetto sociale di ogni singola nazione e del mondo nel suo insieme. La crisi è servita a far esplodere, in virtù dell’esercizio sfrenato di un capitalismo senza controllo, tutte le contraddizioni che per decenni si è tentato di sopire e che ora si devono comunque affrontare. Questo è già un dato positivo.
Ricorrenze, anniversari, celebrazioni = festival della retorica e noia? Eppure la memoria e il ricordo ci costringono ad interrogarci. Nel 2011,150 anni dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia, ci siamo chiesti se significhi ancora qualcosa essere italiani. Si è dato una risposta?
Non ho da darmi una risposta perché mi sono sempre considerato un italiano nato in Sicilia e questo ha sempre avuto un grande significato, almeno per me, che continua ad avere. Mi auguro che oggi i giovani si considerino europei nati in Italia. Per me i 150 comunque hanno significato molto, non sarà un caso che quasi tutti i miei romanzi storici si posizionano esattamente in quello spazio temporale a cavallo dell’Unità d’Italia, un momento preciso in cui si è cercato, a volte con le giuste misure a volte no, di fare gli Italiani.
Dai suoi scritti traspare evidente il suo disprezzo per ogni forma di burocrazia, un assurdo moloch che stritola il cittadino. Eppure sulla solidità dell’apparato amministrativo, a tutti i livelli, si fondano non solo l’edificio dello Stato moderno, ma anche la garanzia dei diritti dei cittadini. C’è una speranza che burocrazia non sia sempre sinonimo di inefficienza?
Ci sarà pure una ragione per la quale da Gogol’ a Courteline la letteratura mondiale ha satireggiato la burocrazia. La burocrazia è sinonimo di cavillo, lentezza e soprattutto oppressione del cittadino. Come tale io l’ho descritta, sia pure in forma ironica nei miei romanzi perché per me corrisponde ad una precisa realtà innegabile. Non è un caso che, tanto per restare in Italia, ben due ministri di due diversi governi abbiano eliminato migliaia e migliaia di regolamenti e norme burocratiche senza che la macchina burocratica ne abbia minimamente risentito. Naturalmente l’augurio è che una vera riforma della burocrazia possa portare ad un’istituzione che sia sinonimo di efficienza, celerità, chiarezza.
Camilleri e...
...la burocrazia
“La concessione del telefono è un manifesto contro la burocrazia che non cambia. La burocrazia vive proprio per non essere risolta. L’idea del romanzo nasce nel 1995, quando mi imbatto in un decreto ministeriale di fine Ottocento di una linea telefonica privata. Per avere la licenza occorreva adempiere a una tale quantità di assurdi obblighi burocratici, che mi è venuta subito la voglia di scrivere una storia. Il richiedente resta stritolato dal meccanismo burocratico, dal quale cerca di uscire in qualche modo, coinvolgendo mafia, chiesa, autorità costituite”.
...i Mille, la Sicilia, l’Unità
Dall’entusiasmo dello sbarco di Garibaldi alle prime difficoltà dell’unificazione, ecco cosa Camilleri descrive in “150. Le storie d’Italia.” L’ arrivo dei Mille, la leva obbligatoria, i prefetti e la burocrazia piemontese, il brigantaggio e la repressione, ma anche la straordinaria annessione dell’isola al Regno d’Italia e la necessità, comunque, di un nuovo percorso unitario, sono i temi affrontati nella sua narrazione. Ci aiuta a comprendere il senso dell’essere un solo Stato, anche a partire dalle differenze e dalle problematiche di questi centocinquant’anni.
...cos’è per noi l’Europa?
“Quella che vedo e quella che vorrei: meno economica e con più ideali. Europa uguale euro? Accordo di mutuo soccorso tra gli Stati? Se è solo così, diciamocelo apertamente, quest’Europa non ha un gran bel futuro davanti. Non può appassionare nessuno, a parte i feticisti dello spread. Occorre spingersi più in là, cercare tra le idee, i pensieri, le vite di uomini che hanno sognato davvero quell’Europa che oggi riempie le pagine dei giornali soltanto di numeri”.
Editoriale
L’intellettuale? Che faccia il suo mestiere! La crisi? Magari ci porterà ad una visione nuova dell’assetto sociale globale. L’Unità d’Italia? Importante e da non mettere in discussione. La burocrazia? Ne ironizzo e spero sempre nel cambiamento. Ecco su cosa Primo Piano Scala c ha costretto a rispondere Andrea Camilleri, forse un po’ sollevato di non dovere parlare del buon vecchio Salvo Montalbano. Tanti sono gli spunti di riflessione che nascono dalla lettura dell’intervista a Camilleri. Ma la sua affermazione Mi auguro che oggi i giovani si considerino europei nati in Italia ci permette di ricordare che lo scrittore italiano di origine siciliana ha da poco ricevuto il dottorato honoris causa in Storia Europea all’Università “La Sapienza” di Roma. Ci siamo chiesti il motivo di questa scelta da parte dell’Università, e nel corso della lectio magistralis è stato proprio lui a spiegarlo. Racconta infatti della Sicilia illuminista e illuminata del Settecento, della Costituzione del Regno ispirata alla Gran Bretagna, dell’isola al centro dei fermenti europei, di Mazzini e il comitato clandestino siciliano: La Sicilia quando era un regno senza corona aveva sognato un posto in Europa. Ed a conclusione della sua lectio Camilleri dice che una vera unità non può esistere se non c’è un ideale (ripetuto tre volte) profondo e condiviso che apra alla comunanza, alla solidarietà, alla fratellanza. Bellissime parole di un insospettato europeista. Ma cosa accade di lì a poco? Maria Damanaki, Commissario Europeo per la pesca e gli affari marittimi gli scrive una lettera dove si rammarica perché l’altro commissario, cioè Montalbano, è colpevole di gustarsi il novellame. Si tratta di pesci, scrive la Damanaki, che non hanno raggiunto l’età per la riproduzione e ucciderli significa incidere sulla conservazione delle risorse ittiche. Insomma un’infrazione non da poco! La mentalità burocratica sulla quale Camilleri ha tanto ironizzato ha contagiato anche l’Europa? Rimaniamo quindi in attesa di un nuovo regolamento UE che disciplini le procedure di infrazione anche per i personaggi di fantasia. Con l’invio anticipato di questo numero, noi di Telos andremo in vacanza dal 13 agosto, per rivederci a Settembre. Buona Lettura!
Mariella Palazzolo

Dopo aver studiato ad Agrigento ed a Palermo, nel 1949 vince una borsa di studio come allievo- regista all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma. Inizia anche a collaborare a riviste teatrali e, come redattore, alla grande “Enciclopedia dello Spettacolo” diretta da Silvio d’Amico. Dal 1953 in poi ha diretto più di 120 lavori teatrali, 80 programmi televisivi e più di 1000 lavori in prosa alla Radio. Arriva alla Rai nel 1958 come collaboratore per la prosa del III Programma; nel 1960 passa alla Seconda Rete televisiva prima come produttore (le prime otto commedie di Eduardo, le inchieste del commissario Maigret..) e poi come regista televisivo. Dopo aver insegnato per cinque anni “Direzione dell’attore” ai registi dell’allora Centro Sperimentale di Cinematografia, ha tenuto la cattedra di regia teatrale, per quindici anni, all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico. Nel 1978 pubblica il suo primo romanzo. Da allora non abbandonerà più la letteratura. Ha pubblicato più di 70 volumi, tra romanzi storici e civili, romanzi polizieschi (la serie del commissario Montalbano), saggi e favole. Ha venduto, in Italia, oltre 20 milioni di copie e altrettanto all’estero. Tradotto in più di 33 lingue, ha pubblicato anche tre libri di saggi sul teatro. È sposato, ha tre figlie e quattro nipoti.