Ottobre 2009, Anno I, n. 5

Innovare nella tradizione. La vera sfida delle Istituzioni

di Mariella Palazzolo

L’Italia potrebbe ricoprire il ruolo di campione, nella UE, della “nuova centralità” del Mediterraneo quale fattore di sviluppo politico, economico e sociale. L’Unione per il Mediterraneo, conseguenza naturale del Processo di Barcellona, presentata nel 2008 da Sarkozy a Parigi, potrebbe essere l’occasione giusta. Ancora non è stato individuato il Segretario generale… l’Italia non stia a guardare.

Telos: Il trattato di Lisbona, dopo il voto irlandese ha ripreso vigore. I cambiamenti istituzionali che contempla sono di grande impatto. Rafforza la partecipazione democratica, ma soprattutto verranno create due figure: il Presidente del Consiglio della UE - non più affidato alla rotazione dei Semestri di Presidenza - e l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Comune, che fungerà da vicepresidente della Commissione e sarà chiamato a presiedere il Consiglio “Affari esteri”. Come valuta queste novità?

Giulio Andreotti: Sono autentiche “novità” ma in una linea di sviluppo molto armonica e costruttiva che contempla il graduale rafforzamento delle istituzioni europee in senso sopranazionale e federalistico. L’obiettivo è quello di far fronte alle sfide che si presentano oggi alla nostra società, per assicurare ai cittadini europei un’esistenza migliore attraverso il raggiungimento dell’unità politica del continente. Ricordo l’Atto Unico Europeo (1986), primo passo dopo il trattato della CEE, poi la firma del Trattato di Maastricht nel 1992. Finalmente arriviamo ad un compimento quasi inimmaginabile al tempo del Trattato di Roma del 1957, ma, sviluppo naturale oggi. La figura del ministro degli esteri della UE che darà un unico volto e un’unica voce alla politica estera dell’Unione, assicurandone una reale coerenza.

In questo prossimo scenario quale è, a suo parere, il ruolo che l’Italia deve cercare di ricoprire per rafforzare la propria presenza nella geopolitica europea se non addirittura internazionale?

Dobbiamo attingere alla nostra ricca esperienza storica, non per vivere di rendita, ma per seguire una linea di sviluppo veramente costruttiva che guardi alla condivisione delle politiche europee con un maggiore impegno nella costruzione di una strategia partecipata e alla promozione di un’Europa a dimensione mediterranea. L’Italia potrebbe ricoprire il ruolo di campione, nella UE, della “nuova centralità” del Mediterraneo quale fattore di sviluppo politico, economico e sociale. L’Unione per il Mediterraneo, conseguenza naturale del Processo di Barcellona, presentata nel 2008 da Sarkozy a Parigi, potrebbe essere l’occasione giusta. Ancora non è stato individuato il Segretario generale… l’Italia non stia a guardare. Per tradizione e cultura abbiamo tutte le carte in regola. L’Italia deve dare la massima priorità a questi rapporti. La cooperazione e l’integrazione si raggiungono solo attraverso una pianificazione concordata, negoziata e pensata.

Rafforzamento dei poteri del Parlamento in Europa a scapito della Commissione Europea, rafforzamento dei poteri del governo in Italia a scapito del Parlamento. Cosa pensa di questo rimescolamento di forze tra esecutivi e Parlamenti?

Vi è una logica nel desiderio continuo di rafforzare le innovazioni, salvaguardando sempre i valori tradizionali. L’Unione Europea, a differenza dei singoli Stati membri, è rappresentativa di una comunità di popoli diversi, in cui si deve trovare un equilibrio tra poteri degli organi sopranazionali e quelli degli organi intergovernativi; tale equilibrio si può giustamente spostare verso una maggiore integrazione a condizione che tale processo vada avanti di pari passo con il progredire del senso di appartenenza dei cittadini alla comunità. Il Trattato di Lisbona aumenta l’equilibrio istituzionale dell’Unione proprio perchè rafforza le funzioni chiave di ognuna delle istituzioni politiche, in primis del Parlamento, unico organo direttamente eletto dai cittadini.  

Come interpretare il ruolo del parlamentare che sembra aver perso una linea di pensiero comune per approdare ad una visione quasi personalistica. Nonostante l’attuale legge elettorale abbia cancellato “il parlamentare di collegio” il modello della divisione del lavoro fra rappresentanti e rappresentati e sulla mediazione fra interessi diversi e fra obiettivi di breve e di lungo periodo è sempre meno chiaro. La mancata “maturazione” del nuovo sistema elettorale spiega, almeno parte, i rimpianti per la politica di massa e le aspirazioni a un modello di parlamentare di collegio. Un passato irripetibile. Quale è oggi il significato della rappresentanza parlamentare?

È la convivenza costruttiva tra nuove esperienze e aspirazioni tradizionali. Credo che senza la mediazione degli eletti difficilmente una società possa essere governata, soprattutto una società che deve fronteggiare non soltanto il presente, ma realizzare le condizioni per un suo futuro migliore. Se ho un rammarico è quello di non aver contribuito abbastanza a far conoscere meglio all’opinione pubblica l’attività che il Parlamento svolge. Un’opinione pubblica distratta, tranne quando l’obiettivo finisce sulle colluttazioni, che per fortuna sono rare. Ma del lavoro quotidiano non si parla mai abbastanza.  

La “legge”, strumento principe di governo, sembra aver perso di incisività. La tempestività delle leggi rispetto alla velocità dei cambiamenti sociali e tecnologici è quasi nulla: quando il Parlamento ha deciso, il problema è già vecchio, superato o ha assunto una nuova forma. Come si potrebbe affrontare questo problema di repentina senescenza della norma appena nata?

Apparentemente una riposta la può trovare nella sua domanda sul rafforzamento dei poteri dell’esecutivo in Italia. Governo che legifera velocemente senza le lungaggini del processo parlamentare che in Italia è addirittura bicamerale eguale e perfetto. Ma sarebbe solo una risposta superficiale. Non sono d’accordo con la sua affermazione di senescenza delle leggi. Forse invecchiano velocemente quelle che hanno la pretesa di regolamentare lo sviluppo scientifico o tecnologico, magari entrando in dettagli tecnici inutili. Ma le altre No. L’incisività della legge si basa sul valore che ha per il cittadino. Quindi la mia risposta è: Non dimenticando mai la massima del “dura lex sed lex” che è un invito a rispettare la legge in tutti i casi, considerando il beneficio apportato alla comunità.

Spigolature

Andreotti in varie occasioni ha raccontato come la sua generazione sia cresciuta in una sorta di autarchia culturale. Quando si cominciò a parlare di Comunità Economica Europea c’era chi non riusciva a capire bene a cosa potesse servire: un cambiamento dalle piccole dimensioni alle dimensioni quasi illimitate. Racconta della fortuna di crescere alla scuola politica di De Gasperi, che da buon trentino, sapeva bene quanto fosse avvilente questa autarchia culturale, e comprese la visione di una Europa unita. Non era un disegno velleitario. La coscienza europea, secondo il senatore, è uno stato d’animo non è solo un insieme di convinzioni documentabili e ha spesso affermato che il tempo aiuterà a consolidare questo movimento unitario e a superare quelli che sono dei particolarismi. Ha sempre creduto che il ruolo del nostro paese sia quello di ponte tra le due sponde del Mediterraneo. Infine, a chi gli chiese: Le piacerebbe una riforma presidenzialista? risponde: “Direi di No. Chi ha avuto un periodo di dittatura deve stare attento alle ricadute”. Ma sono passati 60 anni! incalza l’intervistatore…“A maggior ragione. Se hai avuto una brutta polmonite a 18 anni non smetti di riguardarti a 70 anni”.

Editoriale

Diario del redattore. “Per il numero di ottobre di Primo Piano Scala c approfondimento sulle Istituzioni. Argomenti: i nuovi assetti istituzionali, il ruolo dell’Italia e il significato, oggi, di rappresentanza e leggi. Interlocutore ideale?    Giulio    Andreotti,    forse    troppo ambizioso?”. Ma quando la risposta al nostro invito è stata positiva non sapevamo quasi da dove cominciare. Il là è arrivato dalle importanti innovazioni del Trattato di Lisbona che ha appena registrato il sì persino della Polonia (già nascono le prime reali divergenze sul nome del tanto atteso Presidente del Consiglio della UE… Blair o per dirla alla Barroso un europigmeo?). Il colloquio è quasi naturalmente arrivato al ruolo internazionale dell’Italia, spesso tacciata di “contar poco a Bruxelles”. Rinunciare a chiedere a chi, con il consueto humour, si è dichiarato contrario alla riforma presidenzialista, cosa pensa dello spostamento di equilibri dal Parlamento italiano e governo e del ruolo della rappresentanza parlamentare sarebbe stata una (ghiotta) occasione perduta. Il nostro lavoro ci porta a ricevere richieste quasi quotidiane di informare il legislatore della necessità di modifiche alle leggi in vigore, o addirittura di proporre nuovi atti. Abbiamo spesso raccolto il commento “le leggi non sono più adeguate alla realtà”. E ci siamo quasi convinti della bontà dell’affermazione. Invece, con la consueta puntualità di pensiero, il senatore Andreotti ci dice di non condividere la nostra analisi e soprattutto perché. Solo nel rileggere le risposte ci rendiamo conto che in fondo ci ha ricordato uno dei motivi della nascita di Telos: non crediamo che tutti i problemi si possano più risolvere con nuove leggi e nuovi regolamenti, ma ci impegniamo ad aiutare chi si rivolge a noi, finché sarà possibile, a trovare soluzioni, non legislative, ma condivise e raggiunte con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder.

Mariella Palazzolo

I numeri di Andreotti. 7 è il numero delle volte che è stato Presidente del Consiglio, 8 è quello da ministro della Difesa, 5 ministro degli Esteri, 3 ministro delle Partecipazioni statali, 2 volte ministro delle Finanze, 2 del Bilancio e ancora 2 ministro dell’Industria, 1 volta ministro del Tesoro, e poi dell’Interno, dei Beni culturali e delle Politiche comunitarie. 43 gli anni consecutivi in Parlamento sin dall’Assemblea Costituente, 2 volte eletto al Parlamento Europeo. Mai segretario della DC. Il giorno 1 giugno 1991, l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo nomina Senatore a vita, quindi 18+43 gli anni in Parlamento. Autore di numerosi libri che fotografano la storia recente del nostro paese - tra i più famosi la serie Visti da vicino - Andreotti conserva una personalità brillante, vivacità intellettuale e acume politico che lo rendono ancora oggi punto di riferimento nella lettura della vita istituzionale e politica sia italiana che internazionale. Ma ci mancano ancora gli articoli graffianti e dissacratori dell’Andreotti giornalista, curatore della celebre rubrica Bloc Notes su L’Europeo. Ah qui il numero è 13 (gli anni).