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Giugno 2023, Anno XV, n. 6

Fatima Zahra El Maliani

Il Cavaliere senza Paura

È stata una carezza, quella partita dagli occhi e dalle parole del Presidente, alla mia persona e ai miei sogni. Quella mattina sono uscita da casa con tante paure, e da quell’incontro, con tantissima voglia di affrontarle”.

Telos: Arrivata in Italia all’età di due anni… Questo potrebbe essere l’incipit della sua biografia. Ci racconta la sua storia?

Fatima Zahra El Maliani: Mi capita spesso di partire dai due anni, dall’Italia anche se in realtà c’è un pregresso, seppur breve, al mio arrivo qui. I primi due anni della mia li ho vissuti tra la mia mamma e sua sorella, zia Amina. Quando la mamma è andata in Italia, nel mese trascorso prima che noi la raggiungessimo, mia sorella è rimasta con la nonna mentre io con zia Amina. Ho immagini, ricordi, di me sulla sua schiena, sorretta da un lenzuolo che lei legava forte al petto, mentre le promettevo, ogni volta che passavamo la vetrina di un negozio, che da grande le avrei comprato una tazza, due piatti, un orologio e una borsa. Sono stata con lei un mese. Un mese in cui piangendo cercavo la mamma, mentre la zia, stringendomi forte a sé, sospirava, e tra un bacio e l’altro, mi diceva “arriva Fatima, arriva”. Poi è arrivata veramente, anche se in realtà ad essere arrivata ero io. Mamma già mi aspettava qui. Adesso avevo due anni, adesso c’era l’Italia ma non sono iniziata con lei, io. Sono ripartita, senza accorgermene, dai miei due anni, nella nuova casa torinese, con sempre nel cuore mia nonna, mia zia Amina e quel lenzuolo che non mi faceva cadere.  Il Marocco è stato il mio primo letto soffice e sicuro, l’Italia invece il letto sul quale ho disegnato, prima i quadri per mamma, poi la mia vita. Mi piace pensarmi come una coincidenza. Una coincidenza di eventi, di incontri e di scelte, anche se non mie. È bellissimo quando mi rendo conto, nei momenti più assurdi, che in realtà, io, sono un po’ tutto ciò che ho vissuto.

In una sua recente intervista ha dichiarato che tutte le sue scelte sono state condizionate dal fatto di non essere cittadina italiana, che sono state frutto di: “un processo di scarto”. Cosa ha significato in pratica?

Tante volte, ciò che volevo fare non era ciò che potevo fare. Tante volte ragionavo in funzione delle possibilità alle quali avevo accesso, limando sempre di più le cose che avrei desiderato fare. A quattordici anni, primo anno di liceo, decido che da grande avrei voluto fare il carabiniere. Mi entusiasmava l’idea di proteggere qualcuno e trasmettere un senso di sicurezza a chi mi stava attorno; avrei voluto fare sentire qualcuno come mi sentivo io di fronte ad un carabiniere. Inizio quindi a cercare di capire come si diventa carabiniere, scopro che c’è un concorso pubblico, e che tra i primi requisiti vi era quello della nazionalità. Non capivo la necessità di una correlazione tra chi ti fa sentire protetto e la sua nazionalità, e ancora meno capivo perché io non potessi partecipare. Mi ha dato fastidio? Sì. Mi ha dato fastidio perché non trovavo giusto che a quattordici anni dovessi fare una scoperta che, oltre a non capire, mi precludeva la possibilità di diventare chi volevo nel modo che avrei voluto. E a farmi arrabbiare ancora di più era dover dire che non potevo perché non ero qualcun altro. E io, a quattordici anni, non volevo essere nessun altro, se non un carabiniere che si chiamava Fatima. Io credo però di essere stata sempre molto fortunata. Ho avuto delle opportunità così speciali e stravolgenti che neanche cento cittadinanze diverse mi avrebbero dato. Confesso però che, ancora oggi, non saprei come rispondere al senso di inadeguatezza di quella quattordicenne.

A soli 22 anni può vantare una lunga serie di successi accademici. Il valore dei suoi studi alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, lo comprendono tutti, ma del Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico, dove ha conseguito la maturità, pochi sono a conoscenza. Di cosa si tratta?

Si tratta di 18 scuole sparse per il mondo che offrono la possibilità a ragazzi di ogni paese, nei loro sedici anni, di vivere per due anni all’interno di uno dei collegi. I collegi, per mezzo del programma accademico (IB), creano una simulazione perfetta e bellissima di come il mondo, potenzialmente, sarebbe ‘se’! Se, cosa? Se solo ci concedessimo l’occasione, unica, di ascoltare la vita di qualcuno che, coraggiosamente, ce la racconta. Il Collegio è stato, per me, un percorso di importante consapevolezza. È stata un’esperienza, oltre che accademica, di vita e di auto-misurazione. Sono entrata convinta di sapere cosa volessi dal mondo e da me stessa, focalizzata su quelli che erano i miei punti fermi e non disposta a contrattare. Sono entrata, arresa alla mia piccolezza di diciassettenne e, certa che anche lì, per l’ennesima volta, avrei solo ritrovato un ambiente dove gli adulti dirigevano, e gli studenti obbedivano. Ho trovato invece un ambiente dove gli adulti ascoltavano e gli studenti proponevano. Ho trovato un posto dove ogni differenza veniva valorizzata e celebrata, dove si dedicava spazio e tempo alla storia, alla gioia, alla fortuna e alla sofferenza di ognuno di noi che, dalle vie più disparate, era giunto lì. Ho incontrato alcune realtà del mondo e grandi esempi di riscatto, e così ho voluto che questa grande opportunità, che a me è stata data, diventasse una spinta importante. Io non scappavo da nessuna guerra, la mia famiglia c’era ancora e poteva garantirmi un minimo di certezza e sicurezza per il mio futuro. Ero certa però che non sarei mai tornata a casa come ne ero uscita; ho imparato che nella mia fortunata vita, avrei avuto la responsabilità di non dimenticare tutto quello che avevo vissuto e tutti quelli che avevo incontrato in quei due anni. È difficile tradurlo in parole, ma è stata una realtà che ha perfettamente bilanciato l’insegnamento formale e quello informale. E tutti noi studenti, protagonisti attivi in questo sistema, avevamo una sete di conoscenza che ancora oggi mi affascina.

Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, onorificenza che le è stata conferita motu proprio dal Presidente Mattarella. Possiamo quindi chiamarla eroina della quotidianità. Qual è la motivazione formale di questo cavalierato? Ma soprattutto ci racconta quella giornata?

Che strano il mondo. Per i grandi gli eroi salvano gli adulti e gli anziani dai ladri, e fanno scendere il gatto dall’albero. Per i bimbi gli eroi sono quelli che danno loro spazio e tempo. Ho avuto l’onore di essere nominata dal Presidente Mattarella per un progetto che con l'UNICEF è iniziato nel 2019, per aiutare i bimbi del quartiere a Torino. Io stessa, figlia di un doposcuola, ho ricevuto un bene incondizionato per anni e ho sentito il bisogno di restituirlo. Sono sempre stata attenta al mondo dei bambini e ho sempre pensato che la loro cura fosse essenziale per la costruzione del ‘domani’ che vogliamo. Mi sono resa conto presto, però, che esistevano, e non troppo lontano da noi, delle realtà dove nulla andava dato per scontato, soprattutto di fronte ad un bambino che sniffa la colla, come ho visto a Baia Mare, in Romania, dove ho trascorso una settimana. Quella che al Sermig si chiama Project week. Da lì ho scacciato l’idea che fosse ammissibile che un bimbo potesse non vivere da bimbo. E ho voluto cominciare dal mio piccolo quartiere. Il 31 marzo del 2023 è stato inaspettato, e io incredula, fino alla mattina stessa. Come è stata quella giornata? Magica. È stata un vortice di emozioni dettate dall’essere lì con mia mamma e mia zia. Dall’esserci arrivata per i bimbi e dall’aver incontrato i veri eroi, per come li vedono i bimbi. È stato un rivivere il mio breve percorso, riportando alla mente i volti di tutti quelli che, in qualche modo, mi ci hanno portata, al Quirinale. È stata una carezza, quella partita dagli occhi e dalle parole del Presidente, alla mia persona e ai miei sogni. Quella mattina sono uscita da casa con tante paure, e da quell’incontro, con tantissima voglia di affrontarle.

Marco Sonsini

Editoriale

Le persone a te affini le puoi incontrare in ogni momento della vita e ovunque. Ti può capitare di iniziare a parlare quasi per caso con una giovane donna che frequenta la tua stessa piscina, e entrare immediatamente in sintonia. A me è accaduto con la mia compagna di piscina pervicacemente inseguita a chiusura della giornata lavorativa, quindi praticamente notturna, Valentina Bagozzi. Valentina, oltre ad essere un'esperta di energia, è anche piena di energia: una giovane donna che si dedica a cercare di salvare il mondo. Grazie a lei sono riuscita a raggiungere e intervistare l’ospite di giugno di PRIMOPIANOSCALAc: Fatima Zahra El Maliani. Una ragazza, ma non certo come tante altre, una vera eroina del quotidiano, anche se lei non si vede né descrive così: Fatima, che a marzo è stata nominata Cavaliere della Repubblica dal Presidente Mattarella per il suo impegno nel doposcuola a fianco di bambine e bambini stranieri. Quel giorno, insieme a Fatima, sono stati nominati altri 29 cavalieri, eppure lei è balzata agli onori della cronaca. Perché? Perché Fatima, studentessa italiana, formalmente non lo è. Eppure è stata premiata quale esempio significativo di impegno civile, di dedizione al bene comune e di testimonianza dei valori repubblicani. Per un triste paradosso, ha ricevuto l’onorificenza da cittadina marocchina.
Come mai Fatima, a dispetto di tutto quello che è, e ha testimoniato di essere nella sua vita non è cittadina italiana? Per un deprimente motivo burocratico. Quando la mamma lo è diventata, nel 2019, Fatima era già maggiorenne e quindi ora dovrà avviare una pratica personale e dimostrare di avere tutti i requisiti per ottenere la cittadinanza. Il più complesso è quello economico, dovrà infatti dimostrare di avere avuto un reddito stabile, nei tre anni precedenti alla richiesta, di più di 8mila euro. Insomma per usare le parole di Fatima “la mia crescita e la mia identità, la mia parte attiva nel tessuto sociale non bastano”. Un’intervista particolare quella con Fatima, dove esperienze forti di vita si intrecciano con i sentimenti. A soli 23 anni ha una storia infinita da raccontare, esperienze e impegno tangibile, in Italia, tali che sfido molti settantenni a dimostrare di avere almeno sfiorato.
Fatima, nella nostra intervista, ci racconta della sua vita, dei suoi studi, dei suoi sogni, ma sottolinea il tema dei limiti, della rinuncia, delle tante cose che avrebbe voluto fare, ma che il fatto di non essere cittadina italiana lo ha reso impossibile: concorsi, borse di studio per l'estero. Non ha potuto votare. “A quattordici anni, non volevo essere nessun altro, se non un carabiniere che si chiamava Fatima -ci racconta- e ancora oggi, non saprei come rispondere al senso di inadeguatezza di quella quattordicenne”.  Ma l’ottimismo e la gioia prevalgono nell’intervista. Da Fatima impariamo a conoscere una realtà straordinaria: quella dei Collegi del Mondo Unito (ecco svelato il mistero del ruolo di Valentina, che di questi Collegi è ambasciatore fervente, oltre ad essere una ex studentessa). Sono 18 Collegi, distribuiti in quattro continenti, dove ragazzi tra i 16 ed i 19 anni possono studiare -ottengono il Diploma di Baccellierato Internazionale (IB)- ma soprattutto imparare cosa significhi responsabilità, impegno a lungo termine e servizio di comunità. Gli studenti vengono selezionati a livello nazionale in 155 paesi attraverso il sistema delle Commissioni nazionali- quella italiana è stata fondata nel 1970 da, tra gli altri, Donna Marella Agnelli. Il bando per l’ammissione per il biennio 2024-2026 è stato pubblicato qui, il link per presentare la domanda è attivo dal 31 maggio e i candidati hanno tempo fino al 1° novembre per presentarla.  
Le copertine di PRIMOPIANOSCALAc del 2023 sono state pensate per creare, con i volti dei protagonisti, una sorta di merchandising museale. Ogni mese un oggetto viene personalizzato con il volto in bianco e nero dell’intervistato. È così che una t-shirt, un magnete o una shopper diventano un ricordo, un’esperienza, un simbolo. I nostri ospiti si trasformano in vere e proprie figure iconiche, alla stregua delle opere esposte in un museo: l’Uomo Vitruviano di Leonardo, i girasoli di Van Gogh, la creazione di Michelangelo nella Cappella Sistina... E ogni personaggio diventerà talmente iconico da essere trattato come una pop star, che canta sui social. Per Fatima, abbiamo scelto un vasetto con la piantina di menta, simbolo di quello che Fatima chiama la cura: semina, prenditene cura e fai crescere con amore. La canzone della versione musicale della copertina, altro elemento portante del 2023, è la versione musicale della sua vita: un sogno d'oro!

Mariella Palazzolo

Fatima Zahra El Maliani

Fatima Zahra El Maliani è Research Assistant presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in State and Society in West Africa.  Frequenta inoltre il Master in International Security Studies, organizzato dalla stessa Scuola Superiore e dall’Università di Trento. Lo scorso marzo, le è stata conferita, dal Presidente Mattarella, l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblicaper la sua disponibilità a restituire il bene ricevuto attraverso il suo impegno nel doposcuola UNICEF di Torino”. Di origini marocchine, arriva in Italia a soli due anni. Cresce a Torino, nel quartiere multietnico di Porta Palazzo, e da bambina inizia a frequentare il SERMIG (Servizio missionario giovani), dove i volontari del doposcuola le offrono sostegno e aiuto nello studio. Questo incontro le ha ‘stravolto la vita’, e le ha fatto maturare il desiderio di aiutare a sua volta, di intraprendere un percorso di impegno civile: “ho deciso di restituire ad altri bambini tutto l’amore che ho ricevuto da piccola diventando volontaria di un doposcuola”. Studio e volontariato sono andati sempre di pari passo nella vita di Fatima. Ha frequentato lo United World College of the Adriatic di Trieste e si è laureata in Global Law and Transnational Legal Studies all’Università di Torino. Dal 2014 al 2020, è tornata al SERMIG, nell’Arsenale della Pace, dove ha aiutato a studiare i bambini che frequentavano le elementari, insegnato l’italiano agli immigrati e molto altro. Questa esperienza l’ha trasferita poi all’interno di UNICEF, creando nel 2019 il doposcuola Younicef, che oggi accoglie più di 30 bambini.
Ha 23 anni e vive a Torino.

Marco Sonsini