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Marzo 2024, Anno XVI, n. 3

Vitalba Azzollini

Cittadini e non Sudditi

Noi cittadini non dobbiamo essere sudditi di un qualche potere pubblico. E non siamo sudditi solo se possiamo verificarne l’azione, conoscere le motivazioni delle sue scelte e sindacare la loro fondatezza.

Telos: Paladina storica della trasparenza amministrativa, continua a lottare affinché i cittadini siano messi a parte dei meccanismi e delle motivazioni che stanno alla base delle scelte pubbliche. Perché?

Vitalba Azzollini: Perché noi cittadini non dobbiamo essere sudditi di un qualche potere pubblico. E non siamo sudditi solo se possiamo verificarne l’azione, conoscere le motivazioni delle sue scelte e sindacare la loro fondatezza. Sudditi è la parola presente nel titolo di un libro del 2019, del quale sono coautrice per l’Istituto Bruno Leoni: “Noi e lo Stato: siamo ancora sudditi?” La trasparenza amministrativa - espressione del principio einaudiano ‘conoscere per deliberare’ - è lo strumento attraverso cui chiunque può avere contezza della ‘cosa pubblica’, quindi di tutto ciò che può avere un impatto più o meno diretto sulla sua vita. Dunque, trasparenza è consapevolezza, e la consapevolezza è necessaria in ogni ambito umano, pure in quello del diritto. A proposito di diritto, il principio di trasparenza, pur non presente nella Costituzione, trova in essa il proprio fondamento: la trasparenza è legata all’imparzialità dell’amministrazione (articolo 97). Imparzialità significa assenza di discriminazione e favoritismi, patologie che la trasparenza può prevenire. Non a caso, Louis Brandeis, avvocato e giurista statunitense, diceva “Sunlight is the best disinfectant”. La disciplina della trasparenza si è evoluta negli ultimi decenni. Si è partiti nel 1990 dalla legge sul procedimento amministrativo, che esclude ogni “controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”. E si è arrivati nel 2016 - molto dopo altri Paesi - al cosiddetto FOIA, il Freedom of Information Act, che invece è finalizzato proprio a “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Il FOIA riconosce a ogni cittadino il diritto di chiedere alle amministrazioni dati e documenti, a qualunque fine e senza necessità di motivazione. Ma l’obiettivo auspicato da Filippo Turati nel 1908, “la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro”, è ancora lontano. I limiti che le amministrazioni spesso oppongono alle istanze di trasparenza dei cittadini rappresentano una sorta di muro di gomma. Insomma, siamo ancora sudditi, e senza punto interrogativo.

Quasi 10 anni addietro Lei scriveva: “La sempre più sentita istanza di legalità coesiste, infatti, con la percezione che il rispetto della legge rappresenti in molti casi un ostacolo alle attività di cittadini e imprese. Normative mutevoli, incoerenti e difficili da interpretare, che impongono ai destinatari oneri gravosi, mentre non limitano la discrezionalità della pubblica amministrazione entro criteri chiaramente definiti, sembrano indurre comportamenti tesi ad aggirare i costi, le lentezze e le inefficienze che ostacolano l’iniziativa economica privata.” È cambiato qualcosa da allora?

Cambiano i governi, ma non cambia il malvezzo di produrre disposizioni sovrabbondanti, mutevoli, farraginose, che si stratificano nel tempo senza che ne sia effettuata una qualche ‘manutenzione’. Disposizioni che rappresentano un costo per cittadini e imprese, i quali devono reperirle, interpretarle, adeguarsi a quanto prescritto. Ed è un costo che si aggiunge agli oneri fiscali e amministrativi che esse già impongono.
Il Paese resta così avviluppato in lacci e lacciuoli, e più aumentano, più cresce la tendenza a oliare certi ‘inceppamenti’ procedurali con pratiche poco commendevoli. Del resto, “Corruptissima res publica plurimae leges” diceva Tacito, e vale sempre.
La sempre auspicata semplificazione della burocrazia regolatoria è condizione necessaria per favorire produttività, investimenti e innovazione, quindi per sostenere competitività e crescita.  Per realizzarla basterebbe applicare strumenti già esistenti. Da quelli per la misurazione e riduzione degli oneri amministrativi all’analisi e alla verifica d’impatto della regolazione, per stimare ex ante ed ex post gli effetti che essa produrrà, anche in termini di costi, e predisporre norme di migliore qualità.

Perché il Garante della Privacy, lo scorso anno, ha bloccato temporaneamente ChatGPT? Cosa contestava ad OpenAI?

Anche qui si pone un problema di trasparenza, che evidentemente non vale solo per i poteri pubblici. Il Garante ha contestato a OpenAI, tra l’altro, l’assenza di informativa sul trattamento dei dati tramite ChatGPT, con riguardo alle finalità e alle modalità del trattamento stesso. A mancare, secondo l’Autorità, era un sistema per garantire la trasparenza, sì che il consenso fosse reso dagli utenti in modo effettivamente consapevole. Il Garante ha anche contestato l’assenza di un’idonea base giuridica, vale a dire ciò che rende lecita la raccolta e il trattamento dei dati personali per addestrare gli algoritmi sottesi al funzionamento di ChatGPT. Un’altra obiezione dell’Autorità ha riguardato l’inesattezza del trattamento dei dati, cioè dei risultati delle ricerche, che “non sempre corrispondono al dato reale”. Com’è noto, dopo il blocco temporaneo la piattaforma è tornata operativa. Ma lo scorso 29 gennaio il Garante ha reso noto di aver notificato a OpenAI un atto di contestazione per violazione della normativa sulla protezione dei dati personali.

Un argomento molto dibattuto in Italia è stato quello della carne coltivata, o carne sintetica. Ci potrebbe spiegare come stanno esattamente le cose?

Innanzitutto, un chiarimento: non si tratta di carne sintetica, perché di sintetico non c’è niente, ma di carne coltivata, cioè ottenuta coltivando in laboratorio cellule prelevate dagli animali.
La legge che ne sancisce il divieto è non solo inutile, ma anche dannosa. Inutile, in primo luogo, perché vieta ciò che è già vietato, non essendo stato autorizzato: la carne coltivata non è mai stata approvata dall’UE, né è stata sottoposta alle verifiche dall'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) come prescritto dal Regolamento europeo sui novel food. È una legge inutile anche perché, pur essendo vigente, è inapplicabile, in quanto adottata in violazione della cosiddetta procedura europea TRIS (Sistema di Informazione sulle Regolamentazioni Tecniche). Il Governo avrebbe dovuto comunicare il disegno di legge alla Commissione Europea, per consentirle di valutare se tale legge ostacolasse la libera circolazione nel mercato unico, e non approvarlo per almeno tre mesi. Invece, l’Italia ha violato il periodo di sospensione, e ciò rende la legge inapplicabile.
La legge in questione è pure dannosa: dissuaderà gli investitori dal finanziare in Italia la ricerca relativa a un alimento su cui il Governo ha posto un veto, per quanto al momento inapplicabile, e indurrà imprese e professionisti del settore a trasferirsi all’estero. E siccome, in base alle norme UE sulla libera circolazione, l’Italia non potrà proibire la commercializzazione di carne coltivata proveniente da altri Paesi quando la Commissione Europea l’avrà autorizzata, la legge avrà l’effetto di penalizzare le aziende nazionali rispetto a quelle straniere. Queste ultime continueranno a produrre ed esportare in Italia questo alimento, con buona pace del Made in Italy cui è stato pure intitolato un ministero. Non proprio un buon risultato.

Marco Sonsini

Editoriale

L’ospite del numero di marzo di PRIMOPIANOSCALAc è doppia, ma nel senso che vale doppio, in tutto quello che fa e in tutto quello che è. A cominciare dal nome: Vitalba, per finire al cognome, Azzollini, con due zeta e due elle. Anche nella sua professione è doppia, lavora in una Autorità indipendente, ed è una fiera, anche qui indipendente, paladina della trasparenza amministrativa. Cosa significa? Lotta, brandendo quell’arma micidiale che è una penna obiettiva.
Lotta affinché i cittadini possano essere messi a parte dell’operato delle istituzioni, di come vengono prese quelle decisioni che influiranno pesantemente sulle loro vite, perché, come ripete spesso, in ogni democrazia rappresentativa, questo processo deve avvenire alla luce del sole, e non “in segreto e a quattr’occhi”. Cosa significhi essere cittadini e non “sudditi di un qualche potere pubblico” ce lo spiega a chiare lettere nella sua intervista.
Ma tutto questo ha un prezzo. Il più evidente è quello di ritrovarsi nella lista delle donne più ‘odiate’ nel web, in quella stilata nel 2021 da Vox Osservatorio Italiano sui Diritti, che fotografa l’odio via social. Tra nomi di donne più o meno famose, ma in ogni caso note, come Giorgia Meloni, Myrta Merlino, Selvaggia Lucarelli, Teresa Bellanova, Barbara D’Urso, Fiorella Mannoia, Cathy La Torre, Ilaria Capua, Emma Marrone, Chiara Ferragni e Antonella Viola, spunta, proditoriamente, al 5° posto, Vitalba Azzolini. Gli odiatori del web prendono di mira le persone libere, che non hanno paura di esprimere le proprie opinioni, anche e soprattutto se contrarie al pensiero comune. Poi se questa persona è una donna, questo diventa un peccato imperdonabile, un’offesa da lavare con il sangue e virulenza. Vitalba, in quella occasione, spiegò che gli attacchi da lei subiti erano legati soprattutto a temi legati al Covid. Anche se “Non mi sono mai occupata di medicina, mi attengo rigorosamente al mio ambito di competenza, che è il diritto”, e non comprendeva nemmeno “su quale base” continuassero ad attaccarla. Aggiunse “il metodo seguito invece da queste persone è stato singolare, quasi più un attacco alla persona che agli argomenti usati. Si è trattato di attacchi svilenti, ad hominem, personali.” Scrivere in maniera chiara e diretta, esprimere posizioni molto nette, “disturba molte narrazioni”, narrazioni che “in alcuni miei tweet ho smontato, quanto a coerenza”.
Nello scorrere i nomi delle donne più odiate, le motivazioni che spingono molte tra di loro a entrare nell’agone della battaglia sono evidenti: c’è chi fa politica, c’è chi vuole conquistare audience, c’è chi parla di scienza. La fastidiosa Vitalba invece combatte per le idee nelle quali crede “senza alcun ritorno. Si fa fatica a capire perché io lo faccia, e questo sembra disorientare molti.”
Un’ultima annotazione. Sapete che la carne sintetica è una bufala? “perché di sintetico non c’è niente”.  Esiste la carne coltivata, “cioè ottenuta coltivando in laboratorio cellule prelevate dagli animali e con una regolamentazione in fieri. Vitalba, in poche righe, ci spiega, smontando la narrazione di turno, come stanno davvero le cose. Un motivo in più per divorare la sua intervista.
La serie delle copertine del 2024 di PRIMOPIANOSCALAc è ispirata alle opere di Romano Gazzera, pittore piemontese noto per i suoi fiori ‘giganti’, ‘parlanti’ e ‘volanti’ che, insieme ad altri temi iconografici legati alla memoria storica e collettiva, lo hanno caratterizzato e distinto come il caposcuola della corrente Neo-floreale italiana. La copertina non sarà solo statica, ma avrà una versione dinamica che verrà lanciata sui social. Per Vitalba abbiamo scelto un fiore semplice ed elegante al tempo stesso: la gerbera, che proprio per la sua eleganza è definita la margherita perfetta. I suoi petali sono lunghi e appuntiti e dai colori smaglianti e molteplici sfumature, dal crema all’arancio, dal fucsia al lilla, dal rosa antico al rosso, sino al classico bianco latte. Le gerbere scelte per Vitalba hanno un significato speciale: rappresentano allegria e energia, forza e coraggio. Un suo ritratto floreale.
Con questo numero di marzo, tutti noi di Telos vi auguriamo buon inizio di primavera e Buona Pasqua!

Mariella Palazzolo

Vitalba Azzollini

Vitalba Azzollini è una giurista, lavora presso un’Autorità indipendente. Fellow dell'Istituto Bruno Leoni. Componente del Comitato Scientifico del Policy Observatory della Luiss Guido Carli. Autrice di articoli e paper in materia giuridica. Editorialista del quotidiano "Domani". Scrive per "La Voce", "Valigia Blu”, "Le Grand Continent" e “Phastidio”, e non solo. Ha partecipato al podcast "Europea" di Chora Media, in collaborazione con la Guida all’Europrogettazione, sulle sfide dell'integrazione e dell’identità europea.
Ma poiché scrivere di Vitalba ci costringe a fare tutto doppio… ecco la sua di versione, quella personale.
Giurista per lavoro, giurista per passione. Studio perché amo la libertà, e studiare rende liberi. Studio per scrivere, e scrivo anche per rendere più chiare alle persone ciò che può riguardare le vite di tutti. La consapevolezza è il fine. ‘I Love New York’, perché amo i contrasti, il dinamismo, la ricerca della felicità e lo skyline.”

Marco Sonsini